Il petrolio non ha etichetta, non ha alcun obbligo di dichiarare la proprio provenienza d’origine e certamente non è uno dei prodotti che per quanto ampiamente esportato (in proporzione alla sua produzione) caratterizza il Made in Italy. E forse per questo non abbiamo mai scritto di petrolio (e gas naturale) in queste pagine. Ma quanto sta accadendo attorno al referendum per prossimo 17 aprile, non può esimerci da un commento.
Abbiamo assistito nei giorni scorsi ad una ‘campagna del silenzio’: le grandi testate quotidiane e le maggiori televisioni nazionali hanno dedicato un tempo davvero limitato a quest’argomento e, soprattutto, quando lo hanno fatto si sono limitati a riprodurre sempre le stesse, scarse informazioni e motivazioni. Pochissima documentazione tecnico-scientifica con la conseguenza di un confronto di posizioni sempre emotivo, ‘parlando alla pancia’.
In questo clima, notizie come la moratoria che la Croazia ha deciso per bloccare tutte le estrazioni nelle proprie acque (e la maggioranza degli italiani crede che ‘noi ci fermiamo e dì continuano’). Ancor meno risalto è stato dato all’annuncio dato dal ministro dell’Ambiente e dell’Energia della Francia, Ségolène Royal, che ha annunciato l’introduzione di una moratoria “immediata” sui permessi per le trivellazioni alla ricerca di idrocarburi nel Mediterraneo. Ciò in ragione, dice Royal, delle «conseguenze drammatiche che potrebbero verificarsi in caso di incidente». E non basta, la Ministro ha ritenuto doveroso auspicare «l’estensione di tale moratoria a tutto il Mediterraneo, nel quadro della Convenzione di Barcellona per la protezione del bacino e del litorale».
L’Italia ha invece un Capo del Governo che invita gli elettori a non andare a votare per partecipare ad una consultazione referendaria. Meglio che i cittadini non si esprimano su di un tema così importante, meglio non conoscere il loro parere!