Il CdA del Consorzio di Tutela del Lugana DOC ha approvato l’istituzione ufficiale della Commissione tecnica, una sorta di laboratorio nel quale gli associati potranno sperimentare un modo di lavorare basato sulla condivisione. Del comitato tecnico faranno parte circa 40 persone: i membri del CDA, i tecnici di cantina delle aziende e gli enologi del territorio. L’obiettivo è elevare la qualità della denominazione rafforzandola nella sua identità, a partire dalla ricerca dell’espressione più spontanea e diretta del vitigno autoctono, la turbiana.
Nel 2015 il Consorzio bresciano-veronese ha visto oltre il 70% della produzione esportato sui mercati di tutto il mondo e un record di quasi 14.000.000 di bottiglie. «Ma non dobbiamo restare passivi – sottolinea il riconfermato presidente Luca Formentini – è il momento di rilanciare ed investire nella creazione di una rete fra tutte le aziende per la condivisione continua di esperienze e competenze. Questo patrimonio comune sarà il presupposto per alimentare il successo: siamo convinti che il nostro vino abbia un legame biunivoco e indissolubile con la terra d’origine e deve aiutare a migliorare la cultura della tutela e della sostenibilità ambientale». Il Consorzio ha recentemente partecipato ad una serie di appuntamenti negli USA e nel Regno Unito, ottenendo grande entusiasmo ed interesse per un vino che si posiziona nella fascia di qualità e di consumo alta, prodotto top fra i vini bianchi italiani.
Vecchie piante per un futuro ancor più innovativo
Ad esaltare la specifica qualità di questo bianco ed il suo legame con il territorio è oggi la ricerca delle radici storiche della produzione vitivinicola attraverso un progetto dedicato alla selezione clonale. «Si tratta di veri e propri recuperi dei patrimoni genetici di vecchie piante individuate in alcuni vigneti storici indagati dal 2009 al 2011 nel territorio del Lugana» spiega il Direttore del Consorzio, Carlo Veronese.
Dai tralci che l’indagine dei vigneti ha individuato, sono state prodotte barbatelle messe a dimora in un vigneto sperimentale formato da 15/20 piante per ciascuno dei circa 60 presunti cloni isolati. Queste piante vengono meticolosamente controllate e, dal 2014, vendemmiate separatamente. Nel 2015 sono state prodotte 35 microvinificazioni che il comitato tecnico ha potuto degustare in anteprima. I cloni che risulteranno più convincenti per tre anni consecutivi, in base ai precursori aromatici, verranno codificati come figli di questo territorio, portando così avanti un importante contributo alla conservazione della biodiversità del territorio e della turbiana.
Il Lugana è a suo modo un esempio di vino del tutto particolare: non è un prodotto studiato a tavolino per il mercato: «Anzi, nel nostro caso possiamo dire che sia stato il mercato ad avvicinarsi al nostro prodotto – conclude Formentini – scegliendo un vino con un carattere inconfondibile legato al territorio che lo produce».