Sarebbero 22 tra le più importanti aziende vitivinicole italiane le protagoniste di una diaspora si sta sviluppando in seno l’Unione italiana vini (Uiv), la Federazione di Commercio Vinicolo, di Industriali Vinicoli e Viticoltori, e di Produttori Vinicoli. Nata nel 1895, l’associazione delle imprese del vino italiane ha l’adesione di circa 500 aziende ed un fatturato pari al 70% dell’export italiano di vino. Ma che in 22 se ne vadano sbattendo la porta preoccupa trattandosi di aziende di prima fila. Solo per fare il nome delle aziende veronesi transfughe, avanti a tutti c’è Masi, seguita da Zenato, Sartori, Tedeschi, Campagnola, Musella, Buglioni e Pasqua.
Il destino, per ora, è in Federvini. Domani, forse, un nuovo sindacato
«In parecchi – spiega l’ex presidente Uiv, Andrea Sartori – avevamo espresso il desiderio di cambiare lo schema di rappresentanza, ma non siamo stati ascoltati. Era palese l’assenza di comunione d’intenti, in un sindacato animato da troppe e diverse voci». Da qui la decisione di andarsene, assieme a Piero Antinori, ex presidente di Federvini, a Sandro Boscaini, ora alla guida di Federvini, e a Piero Mastroberardino, presidente dell’Istituto Grandi Marchi.
«Non c’è niente di personale – sottolinea Boscaini, presidente di Federvini e patron di Masi Agricola – non vogliamo spaccare la rappresentanza del vino italiano, anzi renderla compatta, unita. Come Gruppo Masi troviamo collocazione dove si fanno i nostri interessi d’impresa, che vive di utile, generato dal valore dei prodotti e dalla promozione di marchio e territorio».