I numeri dell’olio d’oliva italiano nel 2016, secondo i dati Ismea, hanno visto la produzione attestarsi a 315.000 tonnellate, l’esportazione a 354.000 tonnellate e l’importazione a 530.000 tonnellate. Un risultato che, sul 2015, vede la produzione scendere a -37,4%, l’esportazione salire a +112% e l’importazione a +168%. È il quadro di un settore che continua a soffrire:
- per le fitopatie che lo tartassano e che hanno creato danni enormi, dalla mosca olearia alla Xylella nel Salento;
- per il mancato ammodernamento degli impianti
- per i ritardi nella meccanizzazione e il conseguente abbattimento dei costi e aumento delle rese;
- per la concorrenza selvaggia con il prodotto importato a prezzi stracciati.
Cogliere le occasioni Ue per ammodernare gli impianti
Sotto il profilo produttivo è stata una delle peggiori annate degli ultimi decenni, peggiore in termini di volumi addirittura a quella del 2014. Molte Regioni, soprattutto nel Centro-Sud, hanno subito flessioni di oltre il 60%, la Liguria è stata particolarmente provata, Umbria e Toscana hanno contenuto la flessione “solo” al 30%. I prezzi dell’extra sono risultati in aumento di oltre il 50% se confrontati con lo stesso periodo della precedente annata, mentre sono sostanzialmente in linea con i primi mesi del 2015.
«Ci auguriamo – ha detto il presidente della Federazione nazionale olivicola di Confagricoltura Donato Rossi – che i produttori possano mantenere le quotazioni mercantili al livello attuale anche nell’annata di carica perché il settore ha bisogno di tornare alla redditività. Bisogna anche procedere all’ammodernamento degli impianti, cogliendo le opportunità che possono aversi dal Piano olivicolo nazionale e dai Psr. Gli interventi nel Salento, dove sono stati previsti i provvedimenti per la riconversione varietale a cultivar resistenti alla Xylella, dovranno essere l’occasione per rilanciare il comparto».