In Giappone, Australia e Usa è già boom. Ma anche nella tradizionalista Francia si è affermata la ‘moda’ che approda ora anche tra i produttori italiani, quella degli “Orange Wines”. È un quarto colore per il vino, un arancione spento prodotto dalla macerazione prolungata di uve bianche. «Il mosto in fermentazione – spiega Diego Colarich, tra i promotori dell’Orange Wine Festival – rimane a lungo in contatto con le bucce dei chicchi d’uva, traendo da esse i tannini e il colore arancione con tendenze all’ambra. Il risultato è un vino grezzo, non filtrato, capace di esprimere sentori interessanti che raccontano un lavoro ecosostenibile in vigna, senza alcun uso di pesticidi, e poi nei lieviti in cantina».
I pionieri di questa tecnica, una ventina d’anni fa, prima che diventasse ‘moda’, si potevano incontrare sui Colli orientali del Friuli, in Istria e in Georgia.
Dal Friuli alla Puglia, i produttori italiani cavalcano la nuova moda
«Al momento, l’Italia è l’ultimo mercato – aggiunge Colarich – mentre il primo è il Giappone perché questo gusto aspro e soprattutto il retrogusto toglie untuosità al pesce crudo, e risulta quindi un abbinamento ideale per sushi e sashimi. Idem per la cucina brasiliana. La Francia non produce “Orange Wines” ma tutti i grandi chef stanno abbracciando questa produzione introducendola nelle carte dei vini a prezzi superano di gran lunga quelli dei bianchi».
In Puglia, terra molto attenta alle novità e di per sé già ‘regina’ dei rosati, le Cantine Imperatore da due anni producono il “IV Colore”: «Sono alla seconda vendemmia – spiega il giovane produttore, Vincenzo Latorre – appena 2mila bottiglie, ma tutte già sold out, con fan che spaziano dalla California al Nord Europa, e nei migliori ristoranti di pesce pugliesi».