La Cina è un Paese enorme, anche per quel che riguarda il consumo di vino importato: «Proprio per questo – spiega Silvana Ballotta. ceo di Business Strategies, società che accompagna sui mercati internazionali circa 500 aziende enologiche italiane – nel 2018 mettiamo a punto un algoritmo per offrire alle imprese del Made in Italy uno strumento professionale per orientarsi nei diversi scenari di questa promettente piazza».
Promettente è dir poco: nel 2016 i bevitori cinesi di vino importato, esponenti dell’alta borghesia urbana, hanno raggiunto quota 48 milioni, 10 milioni in più del 2014, e si stima che questo numero salirà a 88 milioni entro il 2020 e a 160 milioni entro il 2025. In Cina cresce poi di buona lena l’urbanizzazione: nel 2016, la popolazione urbana adulta della Cina conta 430 milioni di residenti, contro i 378 milioni del 2014. E, con l’ampliamento della classe media nelle città si sviluppano in Cina nuove tendenze di consumo.
I ‘numeri’ sono impressionanti: tra pochi anni i bevitori in Cina saranno tre volte l’intera popolazione italiana
Non ci sono novità sulla defiscalizzazione dei rapporti commerciali tra Europa e Cina, conseguenza della più articolata e complessa questione del riconoscimento del sistema cinese quale ‘economia di mercato, con tutte le implicazioni di rispetto dei diritti dei lavoratori e di assenza dei sussidi di Stato. Se questo è un fattore che ancora per anni condizionerà l’export di vino italiano, è da dire anche che, secondo una ricerca di Wine Australia, si sta ampliando in Cina la domanda di vino bianco. «Il sapore del vino – sottolinea ancora Silvana Ballotta – sta diventando sempre più importante come fattore chiave per la scelta del vino. I consumatori preferiscono vini fruttati e più morbidi con meno tannino e acidità. Sono infine in aumento i vini disponibili nei ristoranti e bar».