L’impatto della anidride solforosa sulla qualità dei vini è molto più profondo di quello che si pensava fino oggi e può portare ad una ‘enologia di precisione’. Lo rivelano i risultati di una ricerca condotta da un team di ricercatori di Fondazione Mach, Università di Trento e Centro agricoltura alimenti ambiente pubblicati sulla rivista ‘Scientific Reports’.
I ricercatori hanno dimostrato la validità di un nuovo metodo per misurare, su un ampio campione di circa 200 vini del commercio, una serie di derivati solfonati dei composti del vino, recentemente scoperti dal team di ricerca. L’anidride solforosa, hanno scoperto i ricercatori, reagisce con numerosi composti dei vini, con un impatto sulla qualità. In questo modo sono stati approfonditi alcuni aspetti finora sconosciuti delle reazioni nei vini dell’anidride solforosa. Una migliore comprensione di queste reazioni, di cui ora si è rivelata appieno l’importanza, potrebbe condurre verso quella che viene definita come ‘enologia di precisione’.
Le nuove conoscenze spiegano perché i rossi migliorano invecchiando ed i bianchi no
Nei vini rossi, si produce una lenta reazione di solfonazione dei tannini, dai quali dipende il corpo, la struttura e la sensazione dell’astringenza e morbidezza dei vini rossi.
La concentrazione dei prodotti di questa reazione aumenta con l’invecchiamento e potrebbe aiutarci a capire uno dei meccanismi attraverso il quale importanti vini rossi con il tempo migliorano loro qualità. Infatti, è stato scoperto che i prodotti di questa reazione sono componenti importanti di vari famosi vini rossi italiani ed internazionali invecchiati: per esempio Amarone, Brunello di Montalcino, Sagrantino di Montefalco e Tannat. Diversamente, nel caso dei vini bianchi e spumanti la reazione di solfonazione è particolarmente veloce, una evidenza che sembra essere direttamente correlata con i fenomeni che causano il veloce e precoce invecchiamento, in particolare dei vini bianchi.