… l’adagio popolare dei nostri nonni fa riferimento all’inferno. Ma si sa, i tempi non son più quelli di una volta e così, accantonato l’inferno, ecco che c’è chi ha ben pensato di lastricare di buone intenzioni i pavimenti dei supermercati!
Perché certamente c’era una buona intenzione alla base della decisione di imporre l’uso di sacchetti biodegradabili per l’acquisto di frutta e verdura a peso nei supermercati. Il pagamento di appena 2 o 3 centesimi a sacchetto riportato su ogni scontrino testimoniava al consumatore di aver fatto un qualcosa di buono per l’ambiente che grazie ai sacchetti biodegradabili troverà finalmente un qualche sollievo rispetto alla devastante plastica.
Che tale pagamento di così pochi centesimi dovesse essere il tema centrale delle polemiche di inizio anno è parso chiaramente esagerato, ma questi sono i nostri tempi e la continua, assillante e rumorosa ripetizione dello stesso ritornello ha avuto come immediato effetto quello di ribaltare i termini della questione. E malgrado l’anno sia appena iniziato, le rilevazioni per ora ufficiose fatte dai supermercati dicono che gli acquirenti hanno innalzato gli acquisti di frutta e verdura preconfezionata!
Facile l’equazione del consumatore: se devo pagare il sacchetto… E scatta la nemesi: la pellicola che avvolge i vassoi della frutta preconfezionata non è biodegradabile; non lo è nemmeno il vassoio; e non lo è nemmeno lo scontrino. La questione dello scontrino è valida anche per i sacchetti bio: tanto che il Consorzio di chi fa compostaggio, il CIC, ha rivolto un appello agli utenti, invitandoli ad apporre l’etichetta del prezzo nella parte apicale del manico del sacchetto, così da toglierla facilmente con una forbice prima di riutilizzare il sacchetto per la raccolta dell’umido. Buone intenzioni, appunto.