«Le forze politiche del nuovo Parlamento dovrebbero trovare un’accordo per mettere all’ordine del giorno e approvare il disegno di legge sul contrasto alle agro-mafie approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 1 dicembre e inspiegabilmente arrivato alle Camere il giorno dopo il loro scioglimento». A dirlo è stato l’ex magistrato Gian Carlo Caselli nel corso di un dibattito al festival del Giornalismo alimentare di Torino.
Un giro d’affari, quello delle agro-mafie che è in continua crescita e che lo Stato combatte con le “armi spuntate”, visto che molte normative sono ancora risalenti allo scorso secolo. Secondo diversi addetti ai lavori, facendo un calcolo costi/benefici, i rischi che corre chi ha scelto la strada dell’irregolarità nell’agroalimentare, rispetto ai maggiori guadagni che si possono realizzare giocando con carte truccate, si ha un «piatto della bilancia che pende decisamente dalla parte dei benefici».
È indispensabile inasprire le pene perché la legalità sia conveniente anche nell’agroalimentare
Caselli ha guidato la commissione insediata nella primavera del 2015 dal Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che ha elaborato un testo composto da 49 articoli e 50 pagine di linee guida dove il messaggio principale è quello che “la legalità conviene anche nell’agroalimentare”.
Oltre alle vecchie norme nel testo vengono riscritte anche leggi degli anni Sessanta riguardo la salute pubblica, l’avvelenamento delle acque e degli alimenti, l’adulterazione, ma inserisce anche nuovi reati come l’agropirateria e il disastro sanitario. Vengono anche introdotti strumenti per colpire chi inganna il consumatore con indicazioni mendaci su provenienza e qualità degli alimenti, l’utilizzo delle intercettazioni e la possibilità di ricorrere a misure di custodia cautelare. Poi ancora si prevedono anche sanzioni dure come la confisca dei beni e la reclusione. Tutto per tutelare il consumatore ma anche il patrimonio agroalimentare nazionale.