Ad essere a rischio non è solo la produzione ma anche la biodiversità dei vitigni e, quindi, del vino come lo conosciamo oggi. Il vigneto, infatti, è il ‘termometro’ dei cambiamenti climatici e il mondo vitivinicolo si interroga su quali saranno gli scenari futuri. L’aumento della temperatura globale potrebbe spingere le produzioni più in alto di circa 800 metri e spostarle di 650 km di latitudine verso Nord.
«L’ultimo decennio – spiega Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana – è stato il più caldo degli ultimi 2000 anni e stiamo entrando in una fase di clima inedito. E anche la fascia climatica adatta al vigneto si sta spostando. Nel futuro diventeranno adatte alla coltura della vite aree che finora non lo erano: l’Europa centro orientale, la costa pacifica degli Usa e la Nuova Zelanda». l’annuncio è venuto nel corso dell’incontro “Vigneti sostenibili per climi insostenibili – Le risposte delle cantine cooperative europee ai cambiamenti climatici” organizzato dall’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari.
Nuove tecnologie genetiche per vincere la sfida del cambiamento climatico
In Italia, l’inverno mite e il marzo-aprile caldi del 2017 hanno portato le vigne a germogliare in anticipo, ma poi c’è stata la gelata seguita da un’estate siccitosa e, in alcuni zone, grandinate. Il risultato è stato una produzione di circa 40 milioni di ettolitri (-20% rispetto al 2016) con aumento dei prezzi, fino al 112% per alcuni bianchi.
Da qualche anno, le cooperative vitivinicole di Italia, Francia e Spagna (che rappresentano 320mila viticoltori e producono circa il 50% del vino europeo e il 25% di quello mondiale) si incontrano regolarmente per cercare soluzioni e individuare progetti di miglioramento genetico dei vitigni per renderli non solo più resistenti alle malattie, ma anche ai cambiamenti climatici. «Le nuove tecnologie di miglioramento genetico – spiega Michele Morgante dell’Università di Udine – possono aiutarci ad affrontare la grande sfida che ci attende del cambiamento climatico».