Secondo un recente rapporto di Reuters condotto in 70 paesi a maggioranza islamica, nel 2015 i musulmani hanno speso in abbigliamento 243 miliardi di dollari di cui 107 miliardi di acquisti online. E l’aspettativa di crescita è di oltre 368 miliardi, quasi 300 miliardi di euro, entro il 2021: già nel 2018 avranno raggiunto i 265 miliardi di euro, più degli attuali mercati di Regno Unito, Germania e Italia messi insieme.
Numeri che da soli spiegano l’interesse di molte aziende occidentali per il mondo di una moda che rispetti le regole musulmane di abbigliamento “halal” o “modesto”: abiti non aderenti e non trasparenti che coprono gran parte del corpo. Nel 2014 DKNY confezionò una Ramadan Collection; fu seguita da Tommy Hilfiger, Oscar De La Renta, Victoria Beckham, Zara, H&M, Mango e Uniqlo; Nike ha lanciato uno hijab appositamente progettato per le atlete musulmane; Dolce & Gabbana una linea di veli e occhiali da sole coordinati. La catena di grandi magazzini americani Macy’s ha messo in vendita online una linea di abbigliamento per appassionate di moda musulmane, con tuniche dal collo arricciato, tute morbide e cardigan lunghi fino alla caviglia.
Nel mondo islamico è in corso un profondo dibattito sul modo di vestire delle donne
Tra i paesi musulmani in cui la “moda modesta” vende di più c’è la Malesia, dove sta crescendo molto l’industria halal in generale, che vanno dal cibo al turismo, con hotel che offrono tappeti dove pregare e piscine riservate per uomini e donne. È malese Fashion Valet, una delle più grosse piattaforme di e-commerce di abbigliamento musulmano, fondata otto anni fa dalla stilista Vivy Yusof insieme al marito: seleziona e rivende circa 400 stilisti del Sud Asiatico ed è cresciuta ogni anno del 100%.
In Turchia l’abbigliamento musulmano è in crescita e il governo ha da poco creato un’agenzia apposita per certificare i prodotti halal. Una delle più grandi piattaforme di e-commerce di moda modesta è la turca Modanisa, fondata nel 2011 da Kerim Ture, che iniziò vendendo tuniche lunghe e larghe e anticipando tutti i pagamenti ai fornitori, scettici del progetto. Ora vende più di 300 marchi in 120 paesi ed è visitata ogni anno da 100 milioni di persone.