Due italiani su tre (64%) dichiarano di non essere disposti a comprare articoli di abbigliamento da marchi la cui produzione è associata all’inquinamento e addirittura il 72% (tre quarti degli italiani) pensa che i marchi di abbigliamento debbano assumersi la responsabilità di ciò che avviene nelle loro catene di produzione e distribuzione e garantire che i loro articoli siano prodotti in maniera ecosostenibile.
Sono gli esiti di un sondaggio effettuato da Ipsos Mori per conto di Changing Markets Foundation e Clean Clothes Campaign. «Si tratta – dichiara Urska Trunk della Changing Markets Foundation – dell’indagine di mercato più approfondita mai realizzata relativa alla percezione da parte dei consumatori degli standard ambientali e lavorativi nell’industria dell’abbigliamento». Secondo la ricerca, solo due italiani su 10 (22%) ritengono che l’industria informi adeguatamente i consumatori riguardo all’impatto sull’ambiente e sulla popolazione delle produzioni di moda e ben 8 su 10 (82%) ritengono che i marchi debbano fornire informazioni sugli obblighi assunti e le misure adottate per ridurre l’inquinamento.
Il problema ‘viscosa’: le aziende italiane non possono oggi garantire la sostenibilità del loro prodotto
Più di 300.000 consumatori dell’UE hanno firmato una petizione, lanciata da “WeMove”, per chiedere all’industria dell’abbigliamento di impegnarsi nella produzione ‘pulita’ di viscosa, fibra vegetale che sta diventando un’alternativa sempre più diffusa al cotone o ai prodotti sintetici ma la cui produzione richiede sostanze chimiche tossiche.
Secondo il rapporto della Changing Market Foundation, i brand del lusso italiani quali Gucci, Prada e Fendi sono stati inclusi tra i marchi peggiori per quanto riguarda la viscosa, accanto a rivenditori al dettaglio della fascia più bassa come Lidl ed Asda. «Ci stiamo rivolgendo alle aziende italiane – conclude Urska Trunk – chiedendo loro di seguire l’esempio di altri marchi UE e firmare la nostra Roadmap per una filiera della viscosa più pulita».