Tre litri di latte a lunga conservazione sui quattro venduti in Italia con marchi del Made in Italy sono in realtà stranieri senza indicazioni per il consumatore. Altrettanto, il latte impiegato in quasi la metà delle mozzarelle sugli scaffali dei nostri negozi nasconde il suo accento estero. E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti riproposta in occasione dell’annuncio da parte di Lactalis del lancio di un’OPA su Parmalat, ormai destinata a portare i francesi ai vertici dell’importante gruppo agroalimentare italiano. La presa di posizione di Coldiretti sottolinea l’importanza di garantire che, nel futuro, il gruppo continui a procedere nell’acquisto di latte italiano al quale sono riconosciuti elevati standard di qualità.
Complessivamente in Italia – rileva la Coldiretti – sono arrivati, in un anno, 9 miliardi di chili in equivalente latte (fra latte liquido, panna, cagliate, polveri, formaggi, yogurt e altro) utilizzati in latte a lunga conservazione, latticini e formaggi all’insaputa dei consumatori italiani e a danno degli allevatori nazionali. Una operazione possibile questa perché non è obbligatorio indicare in etichetta la provenienza originale del latte e dei suoi derivati.
L’italianità – sostiene Coldiretti – va difesa a partire dalla garanzia di provenienza del prodotto che viene venduto dietro marchi italiani per difendere il lavoro dei 40mila allevamenti italiani dal rischio che vengano spacciati come Made in Italy prodotti importati dall’estero. Per questo occorre rendere pubblici i dati relativi alle ditte di destinazione delle importazioni di latte dall’estero.
Servono dunque un progetto industriale che si impegni su un Made in Italy che, oltre al marchio, acquisti materie prime nazionali. Ma è anche determinante -conclude la Coldiretti – rendere obbligatoria l’indicazione in etichetta dell’origine territoriale del latte a lunga conservazione e di quello impiegato per le produzioni casearie, come peraltro previsto dalla legge approvata all’unanimità dal Parlamento all’inizio dell’anno.