Mario Feltrin, vice segretario generale della Camera di Commercio di Venezia e dirigente dell’Area Regolazione del Mercato.
Recentemente ci sono state delle prese di posizione per un’iniziativa, promossa dalla Camera di Commercio, che voleva apporre un marchio che sancisse se la merce era prodotta a Venezia, in Italia o all’estero. Lasciando stare le polemiche, ci spiega esattamente i termini della vostra proposta?
I termini sono molto semplici. Innanzitutto, è un protocollo legato a un codice di comportamento su cui stiamo ancora lavorando. Vogliamo trovare il consenso di tutti gli attori dell’economia legati al comune di Venezia e in particolare all’isola di Murano, che ha sicuramente bisogno di una valorizzazione dei suoi prodotti.
Si tratta di chiedere alle imprese commerciali, che volontariamente decidessero di aderire a questo codice di comportamento, di etichettare i loro prodotti dicendo dove sono stati prodotti. Ovviamente bisogna tenere conto, che esiste già un marchio regionale a garanzia della produzione muranese, dato in concessione al Consorzio Promovetro. Questo codice intende dire, signori consumatori se trovate nell’oggetto di vetro il marchio regionale questo da l’assoluta certezza e garanzia che quel prodotto è stato fatto nell’isola di Murano.
Il nostro sarebbe un marchio complementare e non sostitutivo volto a valorizzare il prodotto. L’economia è in difficoltà e le produzioni tipiche di Venezia sono conosciute in tutto il mondo: noi, come Camera di Commercio, stiamo cercando di dare il nostro contributo per valorizzarle e rafforzarle ulteriormente .
Non le pare che ci sia una proliferazione di certificati e bollini? Come se a garanzia del prodotto, in Italia, non si possa fare altro che mettere bollini?
Non so se ci sia un’effettiva proliferazione. L’importante è vedere chi promuove questi certificati. Esiste una norma, del codice del consumo ,che vieta di dare delle informazioni false nei codici di comportamento, che garantiscono la provenienza. Inoltre vieta, che imprese si spaccino come aderenti a dei codici di qualità. Tutto ciò a tutela della buona fede del consumatore.Quindi sono espressamente vietati quei codici che non rispecchiano la realtà dei fatti.
Sembra che a fronte di possibilità tecnologiche, ancora sotto traccia e poco considerate, alla fine in Italia la tutela del prodotto sia fondamentalmente affidata alla buona volontà e all’autoresponsabilità. In seguito a ciò a chi spetta il controllo?
Io posso parlare in merito a quello che fa la Camera di Commercio. Negli anni abbiamo elaborato dei codici di comportamento, tra cui quello per i mediatori immobiliari. Il controllo spetta soprattutto alla Camera di Commercio su segnalazione dei consumatori o delle stesse imprese che nello svolgimento della loro attività individuano dei soggetti che non si comportano in modo corretto e si spacciano per aderenti al codice.
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