Le autorità sanitarie tedesche hanno forse trovato l’”epicentro” del batterio killer E.Coli che finora ha mietuto 22 vittime e oltre 2000 casi di contagio: si tratterebbe dei germogli di soia, piatto prelibato per ogni vegetariano e che anni addietro hanno provocato una più o meno simile epidemia in Asia. Fonti sanitarie hanno anche affermato di essere riuscite a ricostruire l’intero percorso di distribuzione dei germogli sospetti e l’azienda di Uelzen, nella Bassa Sassonia, è stata chiusa in attesa di ulteriori test. Il ministro della Sanità Gerd Lindemann ha dichiarato che ci sono ”tracce molto chiare che conducono a questa azienda quale fonte dell’infezione” ed ha invitato gli abitanti della Germania settentrionale a non mangiare qualsiasi tipo di germoglio di soia. Due operaie dell’azienda sospetta, una cooperativa di produzione biologica, sono stati ricoverate per attacchi di diarrea e una di loro risulta certamente affetta dal virus Escherichia Coli. L’azienda produce germogli e semi anche di altri ortaggi (fagiolo mungo, piselli, ceci, broccoli, ravanelli, lenticchie) tutte al vaglio delle autorità competenti: secondo una prima ipotesi, poiché queste specie sono cresciute in botti con vapore, habitat ideale per la crescita dei batteri, o l’acqua sarebbe stata contaminata con il virus E. Coli o lo erano già i semi acquistati in Germania e in altre nazioni.
Il presidente di Coldiretti, Sergio Marini, ha dichiarato che “dopo le importanti rassicurazioni del Ministro della Salute Ferruccio Fazio sulla assoluta assenza di rischi nel consumo di frutta e verdura italiana che garantisce qualità e sicurezza, l’unico pericolo certo che corre l’Italia è il danno economico per i produttori agricoli che ha già raggiunto i 25 milioni di euro per i coltivatori nazionali”.