Caseus Veneti, l’ormai tradizionale vetrina itinerante dei formaggi veneti d’eccellenza, è giunta alla sua settima edizione (sabato 1 e domenica 2 ottobre nel Castello di Arquà Polesine, in provincia di Rovigo) coniugando cultura e sapori del territorio. Ma quest’anno avrà anche un altro filo conduttore, la denuncia che questo patrimonio del gusto è messo a repentaglio da una mondializzazione invasiva dai sapori omogenei senza patria e senza anima, che non sa e non vuole esaltare i sapori “diversi” e tipici, ma soprattutto veri e spesso unici, che sono il frutto del lavoro agricolo e della qualità dei territori.
“Abbiamo il dovere – ha detto l’assessore regionale all’agricoltura, Franco Manzato, presentando a palazzo Balbi la manifestazione – di salvaguardare un sistema produttivo che ha caratteristiche uniche, capace di produrre oltre 70 tipi di formaggi e di affermarsi di continuo sui mercati. Nello stesso tempo, mentre non siamo esportatori di preziosa materia prima di qualità, siamo importatori di derivati del latte che spesso si trasformano in caci di dubbio gusto e di sconosciuta provenienza. Siamo di fronte ad un comparto che conta 4.200 allevamenti per un totale di 200 mila vacche da latte e 11 milioni di quintali prodotti, per oltre il 75 per cento trasformato in magnifici prodotti DOP. E oggi, in nome di una concezione che non liberà i consumatori dall’ignoranza e impoverisce i produttori, c’è chi vorrebbe consentire anche in Italia di prodotti ottenuti non con il nostro latte ma con derivati del medesimo importati dall’estero”. “Una evenienza – ha concluso Manzato – che vogliamo e dobbiamo impedire: non solo per le gravi conseguenze economiche e occupazionali, ma anche per salvaguardare la nostra cultura dell’eccellenza e la meritata fama mondiale delle nostre produzioni”.