Se le vittime sono l’ingiusto prezzo di una tragedia, l’aceto balsamico, sparso al suolo, è una delle immagini più forti a disegnare le conseguenze “culturali” del terremoto in Emilia Romagna: dentro quelle botti, sfasciate dalle scosse, c’è infatti l’anima di un territorio, rispettoso della tradizione, che fa di quell’aceto non solo un prodotto celeberrimo, ma uno status-symbol per la comunità. Quel liquido, frutto di un’ancestrale saggezza produttiva e che ora bagna un pavimento, è una ricchezza irripetibile: riprodurla sarà possibile, ma non avrà la stessa memoria. L’aceto balsamico non ha la diffusione popolare del parmigiano-reggiano; rappresenta una nicchia raffinata del gusto e, per questo, chi la ama, non può sostituirla. Bisogna avere la forza di sapere aspettare come per un grande amore ed è a questo, che si appellano i produttori feriti. Ecco, la pazienza può essere il valore della solidarietà di chi apprezza l’agroalimentare: non dimenticarsi di quei produttori (non solo di aceto balsamico, ma anche di formaggio od ortofrutta) oggi in ginocchio; non tradire, deve essere il nostro pegno d’amore.
Il direttore
Fabrizio Stelluto