È stato pubblicato il rapporto Istat “I prodotti agroalimentari di qualità Dop, Igp e Stg”: ancora una volta ad essere certificata è la leadership italiana in Europa con un fatturato al consumo pari a quasi 10 miliardi, realizzato dai prodotti italiani di qualità protetti dal riconoscimento comunitario (Dop/Igp) in Italia e all’estero. Nel dettaglio si tratta di 246 riconoscimenti di prodotti a Denominazione di origine (Dop), Indicazione geografica protetta (Igp) e Specialità tradizionali garantite (Stg). Un così elevato fatturato – ha sottolineato in un comunicato la Coldiretti – è stato realizzato grazie alla rispposta dei mercati esteri soprattutto per quelli che sono i prodotti più rilevanti economicamente.
Formaggi e salumi – rileva la Coldiretti – sono i settori dove i prodotti a denominazione di origine italiani realizzano il fatturato più rilevante mentre in numero a prevalere nei riconoscimenti ci sono nell’ordine gli ortofrutticoli, i formaggi, i salumi, gli oli di oliva e i prodotti della panetteria. A frenare la diffusione del Made in Italy a denominazione è la proliferazione dei prodotti alimentari taroccati all’estero che – precisa la Coldiretti – sono causa di danni economici, ma anche di immagine. Il rischio reale è che si radichi nelle tavole internazionali un falso Made in Italy che toglie spazio di mercato a quello autentico e banalizza le specialità nostrane frutto di tecniche, tradizioni e territori unici e inimitabili.
Prodotti certificati: quando il falso arriva prima dell’originale
Sulla scorta dei dati diffusi dall’Istat circa la diffusione dei prodotti certificati dell’agroalimentare italiano all’estero, la Coldiretti sottolinea per le quali il falso Made in Italy alimentare all’estero vale 50 miliardi di euro e colpisce proprio i prodotti più rappresentativi. È il caso – esemplificando su alcuni dei casi più noti – dei formaggi tipici dove il Parmesan è la punta dell’iceberg diffuso in tutto il mondo, dagli Usa all’Australia. Ma ci sono copie fasulle anche di formaggi come il Romano, l’Asiago e il Gorgonzola, tutti prodotti negli Stati Uniti. E sempre oltreoceano si trovano anche il Chianti californiano e inquietanti imitazioni di Soppressata calabrese e pomodori San Marzano: tutto “spacciato” come italianoe.
E in alcuni casi sono i marchi storici ad essere “taroccati” come nel caso della mortadella San Daniele e del prosciutto San Daniele prodotti in Canada. I Paesi dove sono più diffuse le imitazioni sono Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti dove – denuncia la Coldiretti – appena il 2 per cento dei consumi di formaggio di tipo italiano sono soddisfatti con le importazioni di formaggi Made in Italy, mentre per il resto si tratta di imitazioni e falsificazioni ottenute sul suolo americano con latte statunitense in Wisconsin, New York o California.
Ma a preoccupare oggi come oggi – conclude la Coldiretti – è la nuova tendenza di Paesi emergenti, come la Cina, dove il falso Made in Italy arriva prima ancora dell’originale: con l’evidente rischio di compromettere la penetrazione e la crescita commerciale del prodotto realmente italiano.
Prodotti certificati: il commento del ministro Catania
«I dati diffusi oggi dall’Istat – ha commentato Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Mario Catania – ci rammentano ancora una volta lo straordinario valore delle eccellenze dell’agroalimentare italiano. Essere il Paese con il maggior numero di riconoscimenti vuol dire riuscire a far emergere, in ogni località, i prodotti migliori, dimostrando il forte radicamento del produttore sul territorio. Nel caso specifico parliamo di un settore con un giro di affari di circa 10 miliardi di euro e che conta su circa 85 mila operatori certificati, gran parte dei quali – circa il 90% del totale – svolge esclusivamente l’attività di produzione».
«Le differenze geografiche, che in Italia sono molto marcate – ha aggiunto Catania – vengono esaltate dalle eccellenze prodotte: Nord e Sud risultano così più vicini e le distanze sembrano accorciarsi. L’Istituto di statistica attribuisce, infatti, al Nord il ruolo storico di leader nelle denominazioni di qualità, ma conferma il progressivo rafforzamento dei prodotti di qualità nel Mezzogiorno. Si tratta di segnali di crescita incoraggianti, che testimoniano come il tessuto agroalimentare possa davvero rivestire un ruolo centrale nel rilancio di alcune zone storicamente svantaggiate. Bisogna continuare su questa strada, tutelando le produzioni e il lavoro degli agricoltori e proseguendo con efficaci interventi di contrasto alle contraffazioni agroalimentari e tenendo alta la guardia sul fenomeno dell’‘italian sounding’».