Una nuova forma di ‘estremismo’ ecologista sembra contagiare il mondo del fashion: un abbigliamento lavato e stirato è indica di un considerevole consumo di acqua e di energia, quasi un insulto alla salute del pianeta! Ecco allora che farsi strada sono marchi come Lululemon o Patagonia che hanno puntato sull’inserimento di particelle nanosilver per contrastare gli odori; oppure progetti di start-up come di Wool & Prince, i cui capi in lana merino promettono di evitare il lavaggio per 100 giorni consecutivi.
Il Portale americano Vox sottolinea che “lavare e asciugare un chilo di vestiti si traduce in media in 11 chili di gas serra”. Il problema è che i capi ‘washless’ al momento sono nettamente più costosi di quelli normali. Ciononostante sono tanti i big del mondo della moda che hanno annunciato obiettivi green: Adidas userà solo plastica riciclata entro il 2024; H&M e Zalando fanno a gara nel sottolineare l’adesione all’economia circolare o al packaging riciclato.
Il ‘green’ diventa ‘filosofia’ e ‘contagia’ tutti i comparti della moda con progetti sempre più ambiziosi
E nel settore del lusso, da Chanel a Prada, da Gucci ad Armani e Versace, è ormai consolidato l’abbandono delle pellicce animali e delle pelli esotiche.
Interessante anche il caso di Ralph Lauren che si pone l’obiettivo di raggiungere il 100% di materiali di origine sostenibile, compreso il cotone, entro il 2025; formare annualmente team di progettazione e sviluppo prodotto su tematiche green, circolari, inclusive e culturalmente consapevoli; fissare obiettivi scientifici di riduzione dei gas a effetto serra entro il 2020 e obiettivi di energia rinnovabile al 100% entro la fine del 2019. In aggiunta, la label punta a formare sui temi della circolarità e dell’inclusione anche il proprio team di sviluppo prodotto, sempre entro il 2020.