Un’alternativa concreta allo sfruttamento del lavoro nella filiera del pomodoro: questo l’alto valore del contratto di rete 2019 siglato tra Funky Tomato, Cooperativa (R)esistenza, La Fiammante, Oxfam Italia, Storytelling Meridiano, DOL (Di Origine Laziale), AgroBIO srl e OP Mediterraneo, in questo modo lanciando ufficialmente la Campagna Preacquisto 2019. Attraverso il meccanismo del preacquisto, i sostenitori del progetto e i sottoscrittori del contratto di rete, entrano a far parte della “comunità economica solidale” Funky Tomato. Anche nel 2019, sarà infatti possibile a GAS, ristoratori, privati cittadini prefinanziare la campagna del pomodoro, sostenendo direttamente gli agricoltori della rete.
«Funky Tomato è la prima filiera di produzione di conserve di pomodoro che garantisce il rispetto e la dignità di tutti gli attori coinvolti nella filiera – dichiara Paolo Russo di Funky Tomato – promuovendo un’agricoltura diversificata, contrattualmente forte, consapevole delle proprie connessioni con il paesaggio e l’ambiente, attenta alle relazioni di lavoro, capace di costruire percorsi di inserimento lavorativo e di interazione culturale».
Si stima che la metà dei rapporti di lavoro per la raccolta del pomodoro sia illecita
Secondo le stime sono circa 400 mila i lavoratori a rischio caporalato in Italia e migliaia i braccianti a rischio di sfruttamento impiegati nella raccolta del pomodoro, metà dei rapporti di lavoro lungo la filiera sarebbe illecita. L’industria italiana del pomodoro rappresenta oltre il 12% della produzione mondiale e il 55% della produzione europea, coinvolgendo quasi 10 mila agricoltori e 120 aziende di trasformazione, per un giro di affari annuo compreso tra 1,4 e 2 miliardi di euro.
Spesso pochi grandi attori, tra industrie alimentari e attori della grande distribuzione, dominano il mercato praticando politiche di prezzo al ribasso che hanno conseguenze drammatiche sulle condizioni di lavoro, la salute, l’ambiente e la sostenibilità economica di lungo periodo di un’intera filiera. Con la conseguenza, molte volte, di alimentare lo sfruttamento di migliaia di braccianti stranieri, per lo più originari dell’Africa sub-sahariana.