La consapevolezza dei consumatori mette all’angolo il fast fashion per una moda più responsabile
Ogni ora in America si gettano circa 20 kg di vestiti, una quantità sufficiente per riempire tre piscine olimpioniche. Sono i dati che si trovano nel libro “Overdressed: the shockingly high cost of cheap fashion”, d’accordo con uno studio della Ellen MacArthur Foundation.
Ma con il crescere di una consapevolezza ambientale, sembra che i consumi si stiano orientando verso una nuova filosofia ‘slow’. Un’indagine di Espresso Communication per Bigi Cravatte Milano, su un panel di esperti e oltre 30 testate internazionali, sembrerebbe dimostrare un orientamento contro lo spreco verso scelte consapevoli che tutelino l’ambiente e i lavoratori.
Acquisti ponderati, scelti con cura soltanto tra i capi che veramente fanno sentire a proprio agio: qualità anziché quantità. Secondo ‘l’ideatrice’ di questo concept, la londinese Susie Faux, bastano appena 12 capi nel proprio armadio; c’è chi afferma che la cifra perfetta sia 37; comunque l’orientamento è quello per il quale il consumatore deve essere in grado di darsi un limite.
Luisa Leonini
Sociologia dei Consumi
Università degli Studi di Milano
L’attenzione dei consumatori nei confronti della sostenibilità inizia nel 2000, quando nasce il fenomeno della moda etica. Dal 2016 in poi è cresciuta anche l’attenzione al riuso nel settore dell’alta moda e allo sviluppo dell’economia circolare. Con una ricaduta diretta sulle scelte. Legate a una maggiore qualità e una minore quantità dei capi prodotti.
Maura Franchi
Sociologia dei Consumi e della Comunicazione
Università degli Studi di Parma
In un tempo in cui tutto appare accessibile, con una omologazione anche dell’abbigliamento di lusso rivisitato in chiave democratica, capi iconici come la cravatta rispondono al bisogno di personalizzazione. La cravatta è un oggetto unico, che ha una dimensione vintage di recupero del passato e pone l’attenzione su specifici dettagli.