Preoccupazioni per il calo del mercato interno e il settore del commercio stritolato dall’online
Quello della calzatura è uno dei settori chiave dell’industria della moda italiana, con 14,3 miliardi di fatturato nel 2018, con oltre 75mila persone occupate e che esporta l’85% dei suoi prodotti. Un settore che, nonostante queste sue eccellenze, continua purtroppo a soffrire, come confermano i dati elaborati da Confindustria Moda per il primo semestre 2019 e presentati nel corsi dell’edizione settembrina del Micam a Milano. La produzione è calata del -2,3% in volume, ma è salita del +2% in valore, conseguenza delle tensioni commerciali internazionali, della Brexit che incombe, del calo di Paesi importanti come la Cina e la Germania. Anche la Russia, dopo una ripresa lo scorso anno, è calata del -15%.
Tiene l’Ue, che copre il 70% dell’export del calzaturiero, e crescono il Nord America (+13,5%) e il Far East (+11,4%), con exploit della Corea del Sud a +12,8%. Aumenti che hanno contribuito a far salire il valore complessivo dell’export del +8,4%, per un totale di un nuovo record di 4,22 miliardi di euro di scarpe vendute oltre confine, e che porta il saldo commerciale a +13,1% per 1,96 miliardi.
Cresce bene la produzione delle aziende terziste per i marchi del lusso, ma vanno peggio le imprese di dimensioni da piccole a medio-grandi, che sono l’anima dei distretti, dove l’80% delle aziende ha meno di 20 dipendenti. I dati maggiormente negativi vengono dal mercato interno dove i consumi segnano un calo del -3,7% in quantità e -3,2% per spesa. Tutte le tipologie segnano un meno, tranne le nuove star del settore, le sneaker (+0,8% in quantità e +2,9% in valore). Si compra e si spende sempre più online (+10,3% in volume e +17,3% per spesa), dove si effettua oggi l’11% degli acquisti totali, mentre cala del -11% in quantità e del 16% in spesa il canale del negozio tradizionale. Male anche l’ambulantato con -14%.
Siro Badon
neo presidente
Assocalzaturifici
Esportiamo calzature con un alto contenuto di ricerca e di qualità, ma abbiamo avuto una flessione nelle quantità. Un grido di allarme che voglio lanciare è questo, perché meno quantità significa anche meno produzione e diminuzione di forza lavoro. In effetti nel primo semestre le imprese sono calate di 119 unità e la forza lavoro di 492, le ore di cassa integrazione autorizzate per le imprese sono salite del 27,1%.