La stima è sommaria, ma i numeri saranno ancora più pesanti quando il calcolo sarà sui formaggi .
Come risulta da una recente indagine dell’Osservatorio Wine&Spirits di Federvini curato da Mediobanca assieme a Nomisma sono formaggi e liquori i prodotti che hanno maggiormente risentito dall’applicazione dei nuovi dazi Usa sulle importazioni agroalimentari italiane dal 18 ottobre scorso. Dei prodotti agroalimentari che l’Italia ha esportato nel 2018 oltre oceano, per un totale di 5,4 miliardi, quelli sottoposti a dazio aggiuntivo del 25% riguardano beni per 482 milioni, vale a dire il 9% del totale.
Il 48% è relativo ai formaggi, in particolare il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano; a seguire la scure è calata per un altro 35% sui liquori, gli amari, gli aperitivi e le altre bevande spiritose. Quest’ultima categoria di prodotti vanta una quota del 17% sul totale delle importazioni americane di tale tipologia, dopo Francia e Irlanda. Gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato di sbocco per le nostre esportazioni di questi prodotti e che assieme a Germania, UK e Francia assorbono i due terzi dell’export complessivo di tale categoria, a dimostrazione di quanto sia strategico questo mercato per la sostenibilità economica del tessuto produttivo sottostante.
Gabriele Barbaresco Direttore Area Studi Mediobanca
Dalle elaborazioni dell’Osservatorio Wine&Spirits di Federvini curato da Mediobanca assieme a Nomisma emerge che, al di là delle multinazionali italiane che operano negli Usa, e che quindi sono toccate dai dazi solamente per la parte di esportazione diretta, figura una compagine di imprese medio-piccole, con fatturato sopra ai 10 milioni di euro, che danno lavoro a circa 2.300 occupati e sviluppano investimenti per circa 48 milioni di euro.
Per quanto risulti ancora difficile, vista la recente applicazione dei dazi, valutare gli effetti di tale incremento tariffario, è possibile stimare come tra occupati diretti e dell’indotto, il rischio che si profila per le PMI che producono liquori e che esportano negli USA, è quello di una perdita occupazionale di quasi 1.000 addetti, alla luce della minor competitività che questi dazi infliggono ai liquori italiani sottoposti alla possibile sostituzione di prodotti alternativi.