Le preoccupazioni per la Cina che rifornisce di materie prime essenziali il sistema del fashion .
«È difficile al momento attuale quantificare l’impatto economico dell’epidemia di Coronavirus sul comparto moda – lo dice il presidente di Smi-Sistema moda Italia, Marino Vago – non disponiamo ancora di dati reali e connotabili: al momento rileviamo solo il crollo di consumi e i ritardi nelle spedizioni. Il rischio è di incorrere in mancanza di componenti lungo la filiera tessile, ma per il momento la situazione è di tenuta, grazie agli approvvigionamenti esistenti».
Come ben si comprende dalle parole del presidente Vago, il vero nodo del problema è quello della durata che avrà l’emergenza generata dal diffondersi del contagio, perché è ben noto che sono molte le aziende italiane che si affidano a una rete produttiva in Cina attraverso imprese terziste o joint venture locali. Un prolungarsi del blocco commerciale con la Cina potrebbe spingere gli operatori, anche italiani, al trasferimento verso altri Paesi per l’attività di approvvigionamento.
E parallelamente, il sistema del fashion già sta internazionalmente sondando quelli che poptrebbero essere in futuro i mercati verso i quali orientarsi se quello, fino a ieri assai redditizio, cinese dovesse frenare bruscamente.
I segnali per ora sono ben poco confortanti: alla fashion week Milano Donna non sono potuti intervenire almeno un migliaio di buyers cinesi. Si è cercato di supplire con collegamenti online, ma è evidente che per il commercio in contatto ‘di persona’ è determinante.
Alle fiere parigine Texworld e Apparel Sourcing, oltre all’assenza di molti espositori cinesi, Zhang Tao, segretario generale del Ccpit-Tex (China Council for the Promotion of International Trade), ha dichiarato che l’impatto negativo dell’epidemia continuerà a farsi sentire sulle imprese per almeno sei mesi e che il riavvio della produzione avrà importanti ricadute sulle spese.
Evidente che il sistema moda non può star fermo per un periodo così lungo e soggiacere ad una spada di Damocle così pericolosa sui costi di produzione.