La pandemia, ad oggi, è presente in 192 Paesi al mondo; ovunque si contano vittime e contagiati cercando di frenare la diffusione del coronavirus; anche chi fino a ieri cercava di smorzare l’allarme deve ricredersi. Ovunque ci si pone il problema di adottare misure sempre più stringenti: la collaborazione delle persone è indispensabile, è la vera forza che può essere messa in campo perché anche le più drastiche misure abbiano effetto ed il senso civico di tutti è messo alla prova.
L’Italia è stata la prima in Europa (non ha senso disquisire sul ‘caso zero’) a dover fare i conti con un numero crescete di decessi, la prima a mettere sotto stress il proprio sistema sanitario e la prima a percorre la strada, difficile, impopolare di chiudere le scuole, i negozi, i parchi e le strade delle città. Con i passar dei giorni ci si attende quel segnale positivo che premi i sacrifici che tutti hanno fatto. In prima fila i medici e gli infermieri che hanno mostrato una abnegazione che nessuno avrebbe mai dovuto mettere in dubbio. Da allora riemergeremo verso una vita che non sarà più come quella di prima, perché come in un computer il passaggio di un virus lascia sempre traccie e impone nuove attenzioni e misure.
Queste nostre parole non aggiungono nulla di nuovo a quanto in questi giorni non sia già stato detto (e da voci anche più autorevoli della nostra) dalle istituzioni politiche, culturali e religiose a tutti i livelli. Non potevamo che unisci al coro cercando anche noi di contribuire a rafforzare l’invito di fare tutti insieme il massimo sforzo per non diffondere il contagio. Restiamo tutti insieme, a casa.
Redigere queste pagine, fortunatamente, è possibile da casa (e non ci serve chiamarlo “smartworking”, per noi è sempre stato così. Abbiamo allora continuato a raccogliere le notizie che al coronavirus si intrecciavano: le conseguenze sulla moda, le false paure per l’agroalimentare, i rischio per il sistema produttivo del fashion che vive di globalizzazione.
Abbiamo raccolto anche le opinioni di chi dice che proprio la globalizzazione deve essere ripensata, quasi potesse essere una concausa della diffusione del virus. Il mondo scientifico sta lavorando per sconfiggere sul piano medico la pandemia e lo fa ‘globalizzando’ le ricerche, scambiando idee, dati, informazioni. Non dimentichiamoci di questo aspetto quando domani potremo di nuovo tornare fuori, alle nostre abituali attività. Domani quando potremo di nuovo percorrere senza confini le strade del mondo e condividere idee, passioni, beni e speranze. Domani, perché oggi: stiamo a casa.