In percentuale, le aziende del Nord hanno più siti e quelle del sud puntano di più sulla vendita
Osservatorio 4.Manager è lo strumento di Confindustria e Federmanager con il compito di individuare e analizzare i trend economici: in relazione al lockdown ha misurato la dimensione di un settore che ha avuto un ruolo molto importante durante l’acme della pandemia, quello delle consegne a domicilio dei prodotti agroalimentari.
Un monitoraggio a campione ha coinvolto 11.500 imprese italiane del comparto agroalimentare ma il primo dato emerso è che solo il 18,1% delle imprese ha un sito internet aziendale. Di questa percentuale il 12,2% possiede una e-mail dedicata alle vendite e il 16,5% ha un proprio canale di e-commerce.
Le aziende in possesso di un sito internet sono localizzate principalmente nel Nord. In particolare il 45,0% delle aziende agroalimentari del Trentino-Alto Adige possiede un sito mentre al in Sicilia si tocca appena il 10,2% e in Calabria solo il 9,2%.
Andando invece ad esaminare la presenza di funzioni di e-commerce all’interno dei siti aziendali emerge che sono percentualmente più presenti nelle regioni del Sud Italia: Calabria (26,7%), Puglia (22,9%), Basilicata (22,4%) e Sicilia (22,2%), mentre le regioni con minor presenza di canali e-commerce sono Emilia Romagna (12,1%) e Lombardia (10,3%).
Il lockdown ha provocato lo stop forzato di alberghi, bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi ed ha creato un effetto domino capace di spazzare via 1,5 miliardi di euro di fatturato nell’agroalimentare per i mancati acquisti di cibo e bevande. A pagare il prezzo maggiore sono stati i salumi e i formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco ed anche il settore ittico è stato fortemente penalizzato visto che quello della ristorazione rappresenta il principale canale di commercializzazione.
Per il momento anche le riaperture non hanno invertito decisamente la situazione: un po’ perché le misure di distanziamento stanno riducendo il numero dei locali che hanno riaperto e un po’ per il minor numero di avventori che ogni locale può ospitiare. A questo si aggiunga che c’è tuttora tra i clienti una diffidenza a frequentare i locali pubblici.