Siamo già al tempo delle previsioni sulla vendemmia 2020: certamente nel Veneto, dicono gli esperti, ci sarà una anticipazione, ma con altrettanta sicurezza possiamo dire che i problemi da affrontare saranno tanti e diversi, mai come quest’anno.
Ci sono anche dati positivi: il vigneto veneto continua a mostrare un ottimo stato di salute sia sotto il profilo sanitario sia sotto quello dello sviluppo delle uve. La produzione 2020 non dovrebbe essere abbondante, ma la qualità sembra più che assicurata.
Il problemi nascono allora dalla pandemia di Covid-19. In queste nostre pagine ne abbiamo scritto ripetutamente: il lockdown ha prodotto un blocco dell’export e un crollo delle vendite di vino nel canale Horeca (bar, enoteche e ristoranti). I consumatori si sono rivolti ai supermercati per gli acquisti domestici, ma questi non solo sono stati inferiori, ma soprattutto di minor qualità, come testimonia il prezzo medio dei prodotti acquistati e l’aumento del vino in cartone (che pure è buonissimo, ma non sfiora nemmeno il livello medio-alto).
Ecco allora che le aziende vitivinicole che puntano sulla qualità sono state le più penalizzate dal lockdown ed oggi sono minacciate dall’aumento degli stock di prodotto invenduto a ridosso della nuova campagna vendemmiale. Il Governo è intervenuto con lo stanziamento di 100 milioni a favore delle aziende che sceglieranno il contenimento volontario della produzione che consiste nella rimozione parziale dei grappoli non ancora giunti a maturazione o nella mancata raccolta di una parte di questi. Certamente un aiuto alle aziende, in particolare per migliorare la qualità del prodotto e regolare il mercato, evitando ripercussioni sul livello dei prezzi dei vini.
Ma qui si innesta l’altro problema: stando ai dati della Coldiretti sono oltre 14 mila gli stagionali agricoli che arrivano ogni anno dalla Romania e Bulgaria in Veneto con un picco degli ingressi nel terzo trimestre periodo dedicato ai lavori nei vigneti, sopratutto nel le province di Venezia (Veneto Orientale, Verona e Treviso. Per non dire degli africani trovati positivi al virus nel centro della Croce Rossa di Jesolo che, apre, lavoravano (‘in nero’) in agricoltura. Pensare che pensionati e studenti (pandemia o no) si accapiglino per sostituirsi a questo esercito di stagionali, sui quali oggi pende il concreto obbligo di quarantena per chi giunge dall’estero, è una illusione.
Non lo è porsi il problema dell’organizzazione delle campagne di tutt’Italia, ‘fabbriche’ di uno dei principali capisaldi del Made in Italy. La manodopera non sarà mai fatta da neolaureati, ma sempre più da cittadini stranieri ai quali bisogna garantire dignità e diritti. Ne va (proprio) del Made in Italy.
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