Quest’agosto gli italiani vanno in ferie (o in vacanza, per chi il posto fisso non ce l’ha) da vincitori. Lo fanno tutti (ci auguriamo e speriamo) nel rispetto delle norme sanitarie e di prudenza che sono fondamentali per poter riprendere ad autunno una stagione di nuovi successi. Ma certamente, la partenza la fanno tutti da vincitori.
Perché tutti gli italiani hanno vinto il festival europeo della musica (non solo i quattro Måneskin) e tutti erano a Wembley ad alzare la Coppa Europea in maglia azzurra. Ci si sono aggiunti poi Tamberi e Jacobs da Tokyo a far scattare nei cuori italici l’orgoglio nazionale e la convinzione che è possibile per il nostro Paese superare la crisi provocata dalla pandemia e rilanciarsi nell’agricoltura, nell’industria, nel commercio come leader continentali e nel resto del mondo.
Non sono solo artifici retorici: gli economisti stimano con attenzione, in punti percentuali, il valore di una vittoria sportiva. Per gli effetti positivi che genera a favore delle industrie direttamente collegate allo sport (magari son tutte multinazionali, ma comunque producono anche qui in Italia) e per le ricadute indirette che vengo alimentate dall’attività diffusa dai servizi alberghieri ai trasporti, dalla sanità alla ristorazione. Ecco allora che Coldiretti ha partecipato alla vittoria europea della Nazionale stimando un aumento del Pil prossimo ai 12 miliardi di euro con un export capace di un balzo in avanti del +10%. Previsione che speriamo non sia smentita, ovviamente, ma che andrà verificata.
Ma per l’Italia e gli italiani conta, più che negli altri Paesi e certamente più delle percentuali, il ‘sentiment’, un effetto trainante che viene descritto in inglese, ma che in pratica si traduce nella convinzione entusiastica del potercela fare, sempre e comunque. Non è un fattore da sottovalutare. Con alcune considerazioni che possono rivelarsi utili per la crescita civile e sociale.
Tenerissima è stata la semplicità dell’arciera Lucilla Boari che ha dedicato la sua medaglia di bronzo a Sanne, “la mia ragazza”. Un gesto assolutamente spontaneo che ci auguriamo parli al Parlamento che ancora deve votare la legge contro l’omofobia.
Così come il presidente del CONI Malagò che, sulle ali dell’entusiasmo per i 100 metri di Jacobs, ha lanciato lo sprint per il riconoscimento dello ius soli sportivo: “non riconoscerlo è folle”, sostiene nel suo appello. Ovviamente il discrimine non possono essere solo le prestazioni fisiche, per cui…
E auguriamoci che le splendide imprese di Tamberi e Jacobs non facciano dimenticare che il medagliere italiano, fino a quel punto (poi chissà), era soprattutto ‘rosa’. Indice di un Paese che sulle donne, meno pagate e spesso neglette, può davvero ritrovare uno slancio innovativo e creativo straordinario. Qui l’Italia è un po’ indietro rispetto ad altri partner europei e extraeuropei, ma c’è ancora speranza se davvero lo sport può produrre un positivo ‘sentiment’.
Mario Ongaro