Le ‘griffe del lusso’ hanno fatto ripartire la produzione di alta gamma della Riviera del Brenta
Secondo gli ultimi dati elaborati dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici, nel primo trimestre 2021, l’industria calzaturiera italiana fa registrare un aumento dell’export del +0,3% in quantità e del +3% a valore.
È un timido segnale di ripresa per un settore che è stato il più colpito dalla crisi innescata dalla pandemia, con una flessione che nel 2020 ha portato alla perdita di circa un quarto del fatturato e della produzione nazionale. Il leggero rimbalzo nell’export, non trova invece conferma sul mercato interno visto che la chiusura dei negozi nei centri commerciali nei weekend, protrattasi fino a maggio, ha indotto un ulteriore calo negli acquisti delle famiglie.
La produzione nazionale, nel primo trimestre 2021, registra allora una flessione del -6,4% su gennaio-marzo 2020 e un -30% circa sull’analogo periodo 2019 pre-pandemia. Sul fronte export, emerge l’incremento dei flussi verso Svizzera (+13% in quantità) e Francia (+8%), entrambe legate al terzismo per le griffe internazionali del lusso, e fuori dall’Europa la crescita della Cina (+44,4% in volume e +74,8% in valore), che ha interessato in particolare l’alto di gamma con un prezzo medio cresciuto del +21%.
Il saldo commerciale dei primi 3 mesi risulta, quindi, in attivo per 1,13 miliardi (+11,2%), sebbene ancora inferiore del -4,3% rispetto a due anni addietro.
Gilberto Ballin
presidente
Acrib
I dati evidenziano un recupero sul fronte delle esportazioni dal Veneto nel primo trimestre 2021, con un +6,2% in valore sullo stesso periodo dell’anno precedente.
La nostra regione risulta in testa sul piano nazionale per fatturato dell’export, con una quota pari al 27,6% del totale. Francia (+4,1%), Svizzera (+75,9%), Germania (+0,2%), Spagna (-10,6%) e Usa (+37,8%) le principali destinazioni delle calzature prodotte.
Quanto alle prospettive, persiste un clima di forte incertezza: si temono da un lato una nuova flessione degli ordini, dall’altro una ulteriore limitazione della mobilità delle persone, sia operatori commerciali che consumatori.