Giansanti, presidente di Confagricoltura, tranquillizza sulla autosufficienza produttiva europea

Secondo le valutazioni fatte dal presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti: «Le crescenti e preoccupanti tensioni tra Federazione Russa e Ucraina possono destabilizzare il mercato internazionale dei cereali, ma l’Unione europea sarebbe al riparo grazie all’abbondanza della produzione interna».
Secondo le ultime stime della Commissione europea, risulta che nella campagna di commercializzazione 2021-2022 la produzione di cereali si attesterà nella UE ad oltre 290 milioni di tonnellate che viene considerato più che sufficiente garantire la copertura del fabbisogno interno e accantona anche un quantitativo consistente per alimentare il flusso delle vendite fuori dall’Unione.
La Federazione Russa e l’Ucraina, ricorda Confagricoltura, sono tra i principali esportatori di cereali a livello mondiale: nel complesso, le esportazioni di settore dei due Paesi si sono attestate lo scorso anno a circa 44 milioni di tonnellate. Di recente, per contrastare l’aumento dell’inflazione interna, le autorità di Mosca hanno deciso di contingentare l’export di grano fino al prossimo mese di giugno. «Per contrastare, inoltre, l’impatto della ripresa dell’inflazione – prosegue il presidente di Confagricoltura – stiamo sollecitando l’eliminazione dei dazi Ue sulle importazioni di nitrati dalla Federazione Russa che concorrono all’aumento record del prezzo dei fertilizzanti: oltre il 160% in più a novembre dello scorso anno sullo stesso mese del 2020».

«La nostra attenzione – continua Giansanti – è anche rivolta alle possibili nuove sanzioni che l’Unione europea potrebbe imporre alla Federazione Russa. Dopo le sanzioni imposte dalla Ue a seguito dell’annessione illegale della Crimea, le autorità di Mosca dall’agosto 2014 hanno chiuso il mercato russo alle importazioni europee di prodotti ortofrutticoli, formaggi e salumi, con pesanti danni per le produzioni italiane. Nonostante l’embargo, le esportazioni agroalimentari verso la Russia hanno sfiorato i 7 miliardi di euro nel 2020. Una cifra praticamente uguale a quella delle vendite sul mercato giapponese».