La risposta dall’Ufficio Studi di Confcommercio non è pessimistica ma il consumo è sotto al 1999
Settima edizione dell’Osservatorio sulla demografia d’impresa nelle città italiane realizzata dall’Ufficio Studi di Confcommercio, in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio G. Tagliacarne.
E escluse dallo studio le città di Milano, Napoli e Roma perché non è possibile fare una distinzione tra centro storico e non centro storico, sono state analizzate 120 città nell’arco storico che va dal 2008 a giugno 2021. Tutte le attività ammontano a circa 921mila unità circa, di cui 467mila riguardano il commercio al dettaglio in sede fissa.
In nove anni sono scomparsi quasi 85 mila negozi fisici, di cui quasi 4.500 durante la pandemia ed una grossa parte di questa riduzione è legata alla stagnazione dei consumi che affligge l’Italia da tanto tempo.
Oggi i consumi risultano, in termini reali, sotto i livelli del 1999 e lo stesso parametro in termini pro capite si colloca sotto i valori del 1998, cioè 17.297 euro del 2021 contro i 17.708 euro di 25 anni fa.
A completare i grandi trend c’è la distinzione delle imprese per cittadinanza del titolare: tra il 2012 e il 2021 le imprese nel complesso di tutti i settori economici sono stabili in numero, effetto di un calo di circa 190mila unità delle italiane e di un analogo incremento delle straniere, la cui quota passa dal 7,8% del totale al 10,6%.
Ma sarebbe sbagliato pensare che i centri storici rischino la desertificazione commerciale: il -16,4% del dettaglio in sede fissa nei centri storici si compone di perdite moderate dei negozi che vendono beni essenziali, come gli alimentari, o che offrono servizi sempre nuovi e più complessi, come le tabaccherie che gestiscono per i clienti anche servizi amministrativi e finanziari, oltre che vendere merci tradizionali.
Crescono i negozi di telefonia, computer e infotainment domestico e crescono le farmacie. Salute e tecnologia sono poli attrattori dei consumi negli ultimi 20 anni e in particolare negli ultimi 10. In discesa, soprattutto i consumi tradizionali: cade il numero di negozi di abbigliamento, calzature, libri, giocattoli, mobili, ferramenta che migrano nelle grandi superfici specializzate fuori dalle città.