Il Veneto è la regione italiana più penalizzata dal blocco dell’export d’abbigliamento in Russia
La guerra in Ucraina inizia a pesare sui titoli della moda quotati in Borsa, sia i brand del lusso sia per i colossi del fast fashion.
Negli ultimi trenta giorni Inditex, gruppo spagnolo che annovera nel proprio portafogli brand come Zara, Stradivarius, Massimo Dutti e Bershka ha assistito a un ribasso delle quotazioni di oltre il -15%.
Il gigante svedese H&M, dai primi momenti dell’invasione, ha sospeso tutte le vendite in Russia e ha segnato oltre il -20% in un mese. Anche i gruppi di sportswear come Nike e Adidas hanno registrato un calo rispettivamente del -8,93% e del -2,24%.
Puma, che ha interrotto le consegne in Russia, lasciando però aperti i 100 negozi nel Paese, ha perso il -12%.
Tra i big del lusso che in Russia hanno sospeso le attività e chiuso le proprie boutique sul territorio ci sono poi colossi come i francesi Lvmh, che in un mese ha segnato una flessione del -4,42% e Kering, che ha registrato -6,89% mentre gli svizzeri di Richemont, che detiene etichette come Cartier, Baume & Mercier, Buccellati, Azzedine Alaïa,Van Cleef & Arpels, hanno ceduto il – 7,93%.
Quanto alle italiane del settore luxury, non sembra andare meglio: in un mese a Piazza Affari Moncler ha lasciato sul terreno il -7,67%, il gruppo Ferragamo il -17% e Tod’s il -16%.
Sergio Tamborini, presidente di Smi-Sistema Moda Italia osserva che: «fare una stima dei danni definitiva è estremamente difficile: sappiamo che il mercato russo e ucraino nel tessile e abbigliamento italiano vale in media circa il 3,5%. Ci sono delle aree geografiche che soffrono più di altre: il Veneto, ad esempio, è un forte esportatore di abbigliamento in Russia».
A determinare insicurezza sulla filiera sono anche le tensioni legate al caro energia: «Certe lavorazioni – sottolinea Tamborini – fluttuano in modo particolarmente rilevante, soprattutto le filature o le tessiture, che hanno difficoltà a quotare i prezzi. O trasferiscono questi aumenti a valle con immediatezza o rischiano la chiusura. Al momento conviene tenere fermi gli impianti e questo è un problema».