Analisi di Coldiretti sugli aumenti di prezzo al consumo che non arrivano ai produttori agricoli
Il caro prezzi taglia la spesa alimentare degli italiani che risultano in calo in quantità del -2,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. È quanto emerge dall’analisi Coldiretti sui dati Istat relativi al commercio al dettaglio a maggio che su base annua fanno registrare una diminuzione delle quantità di beni alimentari acquistate per il quinto mese consecutivo.
Il risultato, positivo in valore, è dovuto esclusivamente all’aumento dei prezzi che per i beni alimentari sono aumentati in media del +8,8% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, secondo l’analisi della Coldiretti su dati di giugno. Ai vertici della classifica dei rincari ci sono gli oli di semi, aumentati del +68,6%, al secondo posto c’è il burro con un +27,7% e al terzo la farina, con i prezzi in salita del +20,5%. Quarto è l’aumento della pasta, in salita del +18,3%, e quinta la margarina, +16,8%. A seguire la carne di pollo (+15,1%), il riso e le uova (+13,6%).
L’aumento dei costi colpisce l’intera filiera agroalimentare, con i compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori che non riescono ormai neanche a coprire i costi di produzione.
Così, l’11% delle aziende agricole sono in una situazione critica che potrebbe portare alla cessazione dell’attività ed il 30% si trova costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione.
Gli aumenti dei costi di produzione vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio con incrementi correnti di oltre 15.700 euro in media ma con punte oltre 47mila euro per le stalle da latte e picchi fino a 99mila euro per gli allevamenti di polli, secondo uno studio del Crea.
Coldiretti auspica allora accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione.