Lontano da qualsiasi enfasi, non ho dubbi a definire questo passaggio d’anno e soprattutto i mesi a venire, epocali. Aldilà delle persistenti criticità (dalla guerra al Covid), pochi hanno colto che il 2022 ha evidenziato un’emergenza che, con crudo disincanto, potremmo definire sopra ogni altra: per la prima volta, in Italia, c’è meno acqua. È paradossale, ma necessario ricordarlo: senza aria, cibo e risorsa idrica non c’è futuro.
La grave siccità 2022, che non è ancora terminata nelle regioni del Nord Italia, è arrivata dopo una precedente annata di sofferenza idrica: basti pensare che le portate del fiume Po sono sotto media dal Dicembre 2020! Per capire la dimensione del problema, è necessario considerare che in Italia, come nell’intera area mediterranea, l’agricoltura di qualità, che produce cibo, è ormai irrigua e che dalla disponibilità d’acqua dipende l’84% del “Made in Italy” agroalimentare (senza considerare le implicazioni di carattere ambientale o per la produzione di energia idroelettrica…). Incrementare la capacità di trattenere le acque di pioggia (oggi ferma ad una percentuale dell’ 11%) attraverso adeguate infrastrutture è quindi un fattore profondamente economico, indispensabile a garantire qualità e quantità del prodotto alimentare italiano.
Eccellenza questa, minacciata nel prossimo futuro anche dal “cibo di sintesi”, che ripropone, fatte salve le garanzie di salubrità ed il principio di precauzione, il nodo cruciale della proprietà dei brevetti, perpetrando il progressivo esproprio della “cultura della terra”. In secondo luogo, la massificazione dell’offerta alimentare non fa certo il gioco del primario italiano, ricco di produzioni di qualità, che lo fanno unico al mondo. Ecco quindi che il cerchio si chiude: dobbiamo garantirci risorse idriche, adeguate a mantenere alti standard qualitativi. Per il resto, diciamo grazie alla scienza che, per definizione, non è né buona, né cattiva: dipende dall’uso, che se ne fa. Buone Feste!
Il Direttore Responsabile
Fabrizio Stelluto