L’allarme è stato lanciato nel corso del convegno “Dal grano al pane”, iniziativa dell’azienda Molino Rachello
Le disinformazioni riguardanti farine, glutine e lievito, presenti sul web rappresentano un problema serio e diffuso, con conseguenze sulla salute collettiva, anche nelle giovani generazioni, che nella fascia fra i cinque e i nove anni, nel 42% dei casi, soffrono di obesità. Le false informazioni vengono diffuse, non solo da fonti anonime, ma anche da cosiddetti influence. In alcuni casi, si assiste alla promozione di diete o regimi alimentari basati su credenze non supportate dalla scienza, e che finiscono con il mettere a rischio la salute della popolazione. L’allarme è stato lanciato nel corso del convegno “Dal grano al pane” che, per iniziativa dell’azienda Molino Rachello (Musestre, Treviso), ha sancito a Venezia e Treviso una rinnovata collaborazione fra i mondi della sanità, dell’università, dell’impresa e della ricerca. Tre le parole d’ordine: credibilità, buon senso, sostenibilità.
Coniugare sostenibilità ambientale ed economico-sociale, è l’asset del progetto “Oasi” di Molino Rachello, che mira a produrre farine di valore. «A fronte di una tracciabilità certificata dal campo alla tavola, per garantire grano coltivato senza inutili trattamenti e concimazioni, riusciamo ad assicurare maggiore redditività alle imprese agricole coinvolte», afferma Gabriele Rachello, direttore generale dell’azienda molitoria. In Italia si coltivano 600mila ettari a frumento tenero, pari a tre milioni di tonnellate di grano, cioè il 40% del fabbisogno del Paese; pane e cereali rappresentano il 16% della spesa alimentare di un nucleo familiare. «Il grano, che rappresenta il 20% delle calorie e proteine consumate al mondo – spiega Luigi Cattivelli, direttore del Centro Ricerca e Genomica del Crea (Consiglio per l’agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), nonché autore del libro “Pane nostro” – è una pianta in continua autoevoluzione al fine di adattarsi alle diverse condizioni climatiche, altrimenti non potrebbe essere coltivato in Kenya come in Norvegia. Soprattutto di fronte all’evidente crisi climatica, non è possibile riproporre su larga scala le varietà di una volta, organoletticamente inferiori, meno produttive, e quindi economicamente non sostenibili».
«Alcune false affermazioni sul glutine – aggiunge il dietista clinico, Maurizio Fadda, docente all’Università di Torino – possono indurre a restrizioni alimentari non necessarie, con conseguenti carenze nutrizionali. Inoltre, informazioni sbagliate sull’utilizzo di lievito e farine possono comportare scelte dietetiche non equilibrate, o comportamenti alimentari disfunzionali. Quindi, per coloro che non sono affetti da celiachia, non è necessario evitare il glutine». A suffragare le preoccupazioni sul “marketing disinformante”, è una ricerca dell’Agrifood Management and Innovation Lab dell’università veneziana Ca’ Foscari, che segnala come solo il 13% della popolazione segua la dieta mediterranea, ma soprattutto viga una diffusa, mancata conoscenza del significato e dei valori del cibo: un analfabetismo alimentare che si limita al conteggio delle calorie e, forse, alla lettura degli ingredienti. Da qui l’invito ad un ruolo proattivo delle aziende agroalimentari del Nordest verso i consumatori, con i quali è necessario stabilire un linguaggio comune, iniziando dal differenziare informazione ed artificio commerciale.
28 novembre 2023