Se n’è parlato il 7 giugno in un convegno promosso da MC International
La recente introduzione del ticket d’ingresso a Venezia ha riportato l’attenzione sull’eccesso di turisti, che – pur costituendo una risorsa – mettono a dura prova l’infrastruttura urbana e la qualità della vita dei residenti. Ne hanno discusso, venerdì, i partecipanti al convegno sul tema “Riflessioni per un progetto di turismo sostenibile” promosso da MC International in co-organizzazione con l’Ordine e la Fondazione degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori della Città Metropolitana di Venezia.
L’overtourism, tema principale dell’incontro, è una lente attraverso cui osservare i processi trasformativi della laguna, ma non l’unica. Si è discusso anche di mobilità, inclusione sociale, progettazione sostenibile, ovvero dei tanti percorsi che daranno forma alla città di domani, una Venezia che appartiene, al tempo stesso, ai veneziani e al mondo intero.
Contro la monocoltura del turismo
Dopo i saluti e i ringraziamenti di MarisaCorso, CEO di MC International, Roberto Beraldo Presidente dell’Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori della Città Metropolitana di Venezia e Vicepresidente della Fondazione degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori della Città Metropolitana di Venezia è entrato nel vivo della questione. “Venezia corre il rischio di una “disneyficazione”, trasformandosi in un parco a tema. La monocoltura del turismo consuma anche il tessuto sociale. Per invertire il trend, è necessario che i progetti di riqualificazione e restauro diventino un laboratorio che guarda al futuro per preservare il delicato equilibrio nella città lagunare”.
Un appello alla responsabilità sostenuto da Maura Manzelle, architetto e ricercatrice in Composizione architettonica e urbana dell’Università IUAV di Venezia: “La città, grazie alla sua unicità, è un “oggetto del desiderio” che fa sognare, ma anche un “oggetto di contesa” tra turisti e residenti. È una contrapposizione superabile puntando sulle potenzialità della città, l’artigianato, e tutto ciò che preserva l’anima del luogo”.
“Come può il turismo essere socialmente sostenibile se fa lievitare il costo degli affitti e provoca la carenza di alloggi per il mercato residenziale?” Ha domandato l’architetta – professoressa ordinaria di Tecnica e pianificazione urbanistica presso l’Università IUAV di Venezia Laura Fregolent. “È l’effetto di un turismo “estrattivo”, che depaupera il territorio. Occorre un nuovo patto tra pubblico e privato, in modo che tutte le componenti della città traggano vantaggio dagli investimenti fatti. E serve un piano casa: altre città si stanno già attrezzando”.
La via marittima e la via aerea
Un altro nodo fondamentale riguarda la mobilità, soprattutto a Venezia, limitatamente accessibile dalla terraferma. Francesca Sartor, Responsabile del Masterplan Gruppo SAVE, ha ricordato il ruolo strategico dell’aeroporto Marco Polo, che sta promuovendo una roadmap per la transizione energetica. “Abbiamo iniziato 10 anni fa, arriveremo a zero emissioni entro il 2030. Costruiremo un parco agrivoltaico che genererà energia senza sottrarre terreno all’agricoltura. Nel sottosuolo sarà realizzato un impianto geotermico, che insieme all’idrogeno verde coprirà il 65% circa del fabbisogno dell’aeroporto. La restante quota sarà comunque energia rinnovabile”.
Anche via mare Venezia continua ad essere una meta attrattiva. “Con alcuni interventi abbiamo reso Venezia permeabile al mercato dei Super yacht, che dal 2021 – complice la chiusura pandemica – sono sempre più ambiti” è il commento di Roberto Perocchio, Presidente di Assomarinas, Associazione Italiana dei Porti Turistici, chiamato a illustrare i temi del turismo nautico. “Se il mercato del lusso è certamente in attivo, il numero generale delle imbarcazioni, però, è calato di 20mila unità. Ma al contempo assistiamo a un forte aumento generale dei posti barca, su tutta la costa”.
Dal punto di vista degli investimenti pubblici alcune riflessioni si impongono, secondo l’architetto Alberto Cecchetto, architettodella Cecchetto&Associati, che con Arup e PROAP è incaricata della realizzazione del waterfront di Venezia e Chioggia. “Venezia, la città-porto, impone tantissimi vincoli. È disegnata intorno all’acqua, le sue logiche contraddicono normative e formule progettuali che hanno senso solo sulla carta. Per questo gli interventi architettonici qui non devono essere “chirurgia” urbana, ma “agopuntura”: mirati, perché si ripercuotono sull’intero organismo”.
Infine, proprio sul Waterfront, è nato uno stimolante confronto tra Venezia e Genova. In gioco c’è il futuro di due città intrinsecamente legate al mare. “Lo studio ha iniziato a lavorare a questo tema nel 1992, quando il porto antico è stato riqualificato e restituito ai genovesi” ha raccontato Luigi Priano, architetto socio dello studio RPBW – Renzo Piano Building Workshop. “Abbiamo proseguito ridisegnando 27 km di costa nel 2002, poi con il tunnel subportuale e ora con il Waterfront. Restituiremo alla città parchi e spazi rigenerati, per promuovere un ideale di appartenenza cittadina”.
Le donne motore del cambiamento
Architette, manager, progettiste, designer. Le donne sono al centro di un processo di empowerment che investe l’Italia e il mondo, portato avanti anche da realtà come, presentata dall’architetta Federica De Leva, consigliera e coordinatrice del tavolo di confronto permanente su Rigenerazione Urbana & Grandi Eventi dell’Associazione Real Estate Ladies. “Contiamo 300 socie sull’intera filiera, abbiamo promosso oltre 500 eventi, a cui hanno partecipato 20mila persone. Siamo la testimonianza di quanto il networking sia uno stimolo per creare una cultura dell’innovazione che passa attraverso l’inclusione: anche questa è sostenibilità”.
Un’altra esperienza è quella raccontata da Enrico Glauco Cleva, presidente del chapter di Milano del NEWH (the Hospitality Industry Network – Network of Execuive Women in Hospitality), associazione che nasce nell’80 in USA per promuovere la managerialità al femminile, e negli ultimi anni si è aperta anche agli uomini che supportano il progetto. “Offriamo a progettisti, aziende, catene alberghiere e consulenti l’occasione di agire come catalizzatore del cambiamento attraverso azioni precise e puntuali”.
L’hotellerie sperimenta nuove strade
L’ospitalità è un’arte, e si affina con l’esperienza diretta, la propria e quella dei colleghi. Esponenti dell’hotellerie e architetti hanno raccontato come affrontano le sfide progettuali più importanti. In apertura Giorgio Bianchi, Global Business Development PKF, ha illustrato lo stato di salute del mercato alberghiero a Venezia. “Gli investimenti luxury sono più che duplicati negli ultimi anni, con nuove strutture e brand. Il mercato cresce soprattutto grazie a capitali istituzionali, private equity e family office, oltre che operatori alberghieri italiani e internazionali. L’overtourism è ancora un problema, ma ci sono segnali incoraggianti”.
Intanto alcune realtà virano verso un approccio sempre più green e inclusivo. Per Giovanni Simonetto, vicepresidente BWH Hotels, “la sfida dell’inclusione si gioca su tanti campi, dall’ambiente – con i progetti sostenibili che abbiamo avviato fin dal 2010 – all’attenzione per la disabilità, le politiche di genere, le minoranze”.
I giovani si preparano a raccogliere questa eredità. “La sostenibilità è al centro delle preoccupazioni della Gen Z, pronta a premiare chi aderisce a questa visione, mentre si prepara ad essere la nuova classe dirigente” ha ricordato Alessandro Martello, chief operating officer dell’Hotel Plaza Venice, l’Isamar & Barricata Holiday villages e dell’Anda Venice Hostel.
Il lavoro è sinonimo di professionalità e maestria secondo Fabrizio Gaggio, Co-CEO & Asset Director Starhotels, che ha illustrato il progetto La Grande Bellezza: “abbiamo dato vita a un carnet di esperienze da vivere nelle più importanti botteghe artigiane del Made in Italy. A Venezia puntiamo sulle maschere, i costumi in tessuti pregiati, le carte e stampe di alta qualità”. Sofia Gioia Vedani, architetto e CEO La Planetaria Hotels SpA, si avvale di queste unicità per “confezionare” un nuovo hotel: “abbiamo coinvolto architetti e maestranze locali per omaggiare una città che per me è un sogno romantico, scoprendo la Venezia più autentica”.
Venezia è la prima destinazione turistica del Veneto, ma una soluzione all’overtourism può passare attraverso la delocalizzazione. “Abbiamo aperto il primo 5 stelle a Jesolo, nell’incredulità generale, è il mercato reagisce bene” testimonia Luca Boccato, CEO di HNH Hospitality, che opera anche come white label company.
Una parentesi sulla formazione è stata aperta da Giulio Contini, direttore generale della Scuola Italiana di Ospitalità, la prima ad applicare, in Italia, il modello dell’hotel school: “quest’anno festeggeremo i primi laureati, al termine di un triennio che abbina tirocini nelle aziende a lezioni frontali per formare i manager del futuro”.
Infine, uno sguardo ai progetti architettonici a Venezia. “Offriamo consulenza su come valorizzare gli edifici pubblici. Un esempio è il cinquecentesco palazzo Querini Dubois, che diventa hotel di lusso, ma anche spazio di coworking e aggregazione” ha sostenuto Alberto Panfilo, AD Europa Gestioni Immobiliari SpA – Gruppo Poste Italiane, assieme all’architetto Andrea Borin – AI Progetti che ha illustrato l’intervento.
È invece già realtà il The Venice Venice Hotel. “È un palazzo millenario, la prima locanda di Venezia, rinata dalle sue ceneri grazie al rapporto con un committente visionario e all’opera dei piccoli artigiani e delle imprese locali” ha sintetizzato l’architetto Alessandro Pedron, dello Studio APML. “Possiamo salvaguardare la storicità del patrimonio architettonico veneziano grazie a restauri sartoriali in collaborazione con artigiani locali, valutando con attenzione la sostenibilità di mercato, progettuale ed economica” ha raccontato l’architetto Lisa Brunello citando il case history di Versatile Work Club, il primo working club per privati e aziende, di cui è founder member.
Infine, per Claudio Pironi dello Studio Pironi Associati e Thomas Signoretto, imprenditore Gruppo Signoretto Murano, gli edifici abbandonati, restituiti alla vita, possono rigenerare l’anima della città. “Una struttura abbandonata è un costo vivo, un danno che si ripercuote sulla collettività. Un’antica chiesa sconsacrata, una fornace recuperata possono innescare un circolo virtuoso, contribuendo all’economia della comunità”.
11 giugno 2024