Siano ormai all’inaugurazione: ‘volente o nolente’, riesumando una espressione desueta, l’Expo deve aprire i battenti. Lo farà con le inchieste sulle tangenti ancora aperte e quindi all’ombra di tanti sospetti che nulla hanno a che vedere con l’immagine di genuinità e trasparenza che si vorrebbe dare al mondo della qualità agroalimentare italiana.
Le porte saranno aperte a visitatori di tutto il mondo grazie ad una serie di operazioni definite di ‘maquillage’ che in realtà sono il tappare i buchi di quel che non è stato fatto, di quel che c’è ancora da (forse) completare, delle belle idee che sono state abbandonate per i più diversi motivi durante l’allestimento. E per l’inaugurazione si annuncia già una diffusa contestazione internazionale dei movimenti antagonisti, ma anche di quelle realtà sociali che ancora non hanno capito il senso, l’utilità, la funzione di una vetrina mondiale che è sorretta da multinazionali del cibo, non sempre (o quasi mai) allineate con i legittimi interessi dei popoli,dell’equità e della sostenibilità dello sviluppo planetario.
Capitolo non molto diverso è quello veneto: alla regione era affidato lo svolgimento di un tema ambizioso, quale è quello dell’acqua. Quante declinazioni sarebbero state possibili per un territorio così ricco di corsi d’acqua dolce ed una così significativa costa. A quanto pare invece tutto si concentrerà su quel padiglione “Aquae” che sul bordo della laguna veneziana è presentato dagli stessi realizzatori come una straordinaria operazione di recupero urbano di uno spazio abbandonato. Insomma, poca acqua, poco cibo, ma un investimento. Fortuna che anche altri hanno messo in piedi progetti di rivalutazione della risorsa idrica e della sua funzione paesistica, artistica, culturale. Ma tutto ciòinteressa poco o nulla a quell’Expo che ‘dobbiamo’ inaugurare. Per dimostrare che l’Italia c’è, volenti o nolenti.