Un’etichetta che non si limita a riportare la dicitura “100% cotone”, ma che racconta anche la storia degli operai che in Bangladesh, Cambogia e Sierra Leone lavorano duramente in fabbriche dove non sempre i loro diritti vengono rispettati e la loro salute tutelata. È la provocatoria iniziativa di Canadian Fair Trade Network con la campagna “L’etichetta non racconta tutta la storia”.
L’obiettivo è di accendere i riflettori sui temi nella produzione e fabbricazione di tessili e abbigliamento e sensibilizzare i consumatori circa la provenienza dei prodotti che acquistano. L’etichetta che accompagna un capo di abbigliamento è aggiunta tutta la storia di chi quel capo lo ha realizzato. C’è la maglia “Made in Sierra Leone by Tejan” dell’operaio che, lavorando per anni senza nessun tipo di protezione, è finito avvelenato da pesticidi; il capo “Made in Cambodia da Behnly”, giovane operaio di nove anni che si sveglia ogni giorno alle 5 del mattino. Ogni etichetta, realizzata per la campagna di sensibilizzazione, oltre alla storia dei lavoratori comprende anche questo messaggio: “È tempo di cambiare. Un acquisto equo e solidale assicura che i lavoratori siano stati compensati in modo equo e non esposti a condizioni di lavoro non sicure”.