Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ha tenuto di fronte alla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo, una relazione nella quale ha auspicato che venga riaffermata contro queste piaghe “la forza e la presenza dello Stato”. Il presidente ha ripercorso la storia che ha portato ad avere a Prato la presenza di circa 40.000 cinesi, dei quali almeno 20.000 occupati nel pronto moda.
«Non ci possiamo permettere – ha detto Rossi ai commissari – altri roghi o vicende come quelle di Teresa Moda dove il 1 dicembre 2013 un incendio costò la vita a sette operai orientali. È per questo che la Regione Toscana, anche rispondendo ad una precisa richiesta dell’allora presidente Napolitano, ha dato il via al progetto lavoro sicuro. Dal 1 settembre dello scorso anno al 31 maggio scorso abbiamo così controllato oltre un terzo delle aziende censite. Sette su dieci sono risultate non in regola per macchinari e impianti elettrici non a norma, igiene, dormitori e cucine abusivi, bombole a gas. Ciò che sta però emergendo è una positiva tendenza all’adeguamento (circa il 50% delle imprese oggetto di prescrizione) e al pagamento delle sanzioni. Quando le Istituzioni ci sono, i risultati arrivano».
La moda a Prato parla cinese ed ora anche di legalità
Il Presidente della Toscana, Enrico Rossi, ha proseguito: «Stiamo parlando di una buona fetta del PIL regionale, di 700 milioni di euro, risorse importanti da non far disperdere. La nostra scommessa è di riportare tutto il distretto su un piano di legalità: se la vinceremo, Prato diventerebbe uno dei principali centri dell’industria europea delle confezioni. Per questo continueremo a spingere su due differenti pedali: uno per colpire illegalità e reati, l’altro per stimolare l’emersione del sommerso e un’integrazione che si basi sulla legalità e sul rispetto dei diritti dei lavoratori e delle leggi».
Infine, citando Romano Prodi, ha affermato come sia più che mai necessario parlare non solo dei cinesi, ma con i cinesi, a Prato come in ogni altra città italiana. «Resto convinto – ha concluso Rossi – che non è possibile avere come obiettivo un’integrazione subordinata della vasta comunità cinese, un procedimento che assomiglierebbe ad una vana annessione, ma che è invece necessaria una integrazione interdipendente, che è poi uno degli obiettivi che ci siamo posti, cogliendo già qualche significativo successo, con il nostro progetto Prato lavoro sicuro».