L’idea che l’Unione Europea possa imporre sulle bottiglie di vino, e in generale di alcolici, una scritta evocante i rischi per la salute, è tornata a circolare da più parti. In Irlanda, questa misura è stata raccomandata da una commissione parlamentare e sull’edizione francese dell’Huffington Post, Jean-Robert Pitte, autorevole membro dell’Accademia di scienze morali e politiche e dell’Accademica del vino di Francia, ha evidenziato il pericolo che anche per gli alcolici si attuino misure pari a quelle da tempo in vigore per il tabacco.
«Non è certo l’etichetta che cambia i consumi – afferma Antonio Emaldi, presidente di Assodistil, l’Associazione che rappresenta i distillatori di alcoli e acquaviti – è l’informazione che deve essere corretta, fin dalla scuola, e portare a un consumo responsabile e in generale a una corretta alimentazione. In Italia non abbiamo un problema di consumi eccessivi di alcol, come in Irlanda. Anzi, abbiamo un consumo pro-capite di alcol che è tra i più bassi in Europa: vino e grappa non si bevono più per assumere calorie o per riscaldarsi, ma per il piacere di bere. Piuttosto, il vino rappresenta una delle principali voci del nostro export e il fatturato è in aumento soprattutto verso paesi che sono extra-europei e dove questi divieti non esistono: che senso avrebbe vendere in questi paesi bottiglie con ‘teschi’ sopra alle etichette?».