Non sono bastati 300 milioni di bottiglie per soddisfare una domanda mondiale di Prosecco: tra gennaio e giugno 2015 il mercato delle bollicine nostrane è aumentato del 28% come volumi e del 16% in valore rispetto all’anno prima. Ecco allora che, complice la scarsa produzione della vendemmia 2014, i maggiori imbottigliatori hanno già svuotato le cisterne e da luglio è partita una corsa senza precedenti ad accaparrarsi anche piccole quantità di vino. Nell’ultima settimana si è arrivati a pagare il doppio rispetto al normale un litro di Prosecco, toccando i 2,60 euro.

Per confezionare una bottiglia da vendere sugli scaffali dei supermercati di tutto il mondo, oltre ai 2,60 euro, al produttore serve almeno un altro euro: per quanto il margine di guadagno, in questo periodo, sia limitato, il Consorzio e le grandi cantine hanno interesse a onorare i contratti da milioni di euro con la grande distribuzione. Anche perché i contratti stipulati con i big della distribuzione o con gli importatori tedeschi e americani, prevedono forti penali in caso di mancata consegna della merce. E così è caccia al Prosecco, lì dove ne sia rimasto ancora un po’.

Abbiamo finito il prosecco, ma il mondo ce ne chiede ancora tanto

Nonostante in vigna si producano fino a 180 quintali d’uva per ettaro, la piovosità del 2014, che ha ridotto la produzione, e la ‘moda’ che si è diffusa negli Stati Uniti, Canada, Inghilterra e Germania, dove il Prosecco viene bevuto in ogni occasione, dall’aperitivo al bar fino al dopo cena, il consumo è diventato di massa e il prodotto dell’anno scorso è quasi terminato. Tanto che la vendita della vendemmia 2015, che promette benissimo, sarà già in commercio in ottobre.

Oltre alle piazze del Nord America e dell’Europa, il Prosecco sta facendo capolino perfino in Cina e pare che, dai primi riscontri, sia piuttosto apprezzato. Se in un futuro non lontano ci dovesse essere una forte richiesta pure da Pechino, il modo di produrre e i prezzi di questo vino, che fino a poche decine di anni fa era confinato tra la Marca e il Friuli, con l’enclave del Carso triestino da cui deriva il nome, cambieranno radicalmente. È da questa situazione che i viticoltori traggono la richiesta di una maggiore disponibilità dell’Europa a nuovi impianti: con questi trend, anche una modifica dei disciplinari delle doc, non sarebbe sufficiente a star dietro alle richieste del mercato.