Il vino che i monaci benedettini nel noto monastero di Camaldoli, in provincia di Arezzo. bevevano nel XIII secolo tornerà ad essere realtà nel 2016. L’Unità di ricerca per la viticoltura del Crea ha infatti pressoché completato il proprio lavoro di ricostruzione bibliografica, per rintracciare le tipologie di uva in uso allora, ed ha individuato ‘sul campo’ 21 varietà autoctone, concentrate in piccoli vigneti ‘relitto’ che ancora si trovano nella valle del Casentino, su una superficie di 5 mila metri quadrati. L’azienda agricola del Monastero ha quindi riprodotto l’antico vino medievale e lo presenterà ufficialmente l’anno prossimo.
E dal 2012 che, nell’azienda agricola del Monastero, è stato creato un vigneto per ospitare i vitigni recuperati. Il vino è stato prodotto riutilizzando pratiche enologiche d’epoca medioevale come la lunga fermentazione con lieviti autoctoni, l’uso di un tino di legno aperto, la rifermentazione con granella di uva appassita e la maturazione per 18 mesi in botti di rovere. Paolo Storchi, direttore del Crea di Arezzo, spiega che si tratta di un prodotto complesso, di colore rosso intenso, con 13,5 gradi e con caratteristiche aromatiche molto particolari. La moderna enologia è entrata solo nella fase di monitoraggio, in particolare per controllare l’evoluzione dei composti polifenolici e antiossidanti presenti fin dall’inizio in elevata quantità, grazie soprattutto all’apporto di uno specifico vitigno recuperato dal germoplasma locale.