Oltre 350 imprese e 650 addetti: il rapporto Ismea “celebra” l’agricoltura legata al territorio
Con un valore aggiunto di oltre 19 miliardi di euro, il settore agroalimentare rappresenta un fattore di traino economico per l’intero Mezzogiorno e riveste un ruolo assolutamente strategico per il suo forte legame col territorio. È quanto emerge dal “Rapporto sulla Competitività dell’Agroalimentare nel Mezzogiorno”, realizzato dall’Ismea, in collaborazione con Fiere di Parma e Federalimentare.
Nonostante il consistente e duraturo impatto della crisi economica iniziata nel 2008, il permanere di un tessuto imprenditoriale caratterizzato da imprese medio-piccole e, più in generale, la conferma di alcuni storici limiti allo sviluppo economico, il settore agroalimentare del Mezzogiorno è cresciuto, nell’ultimo triennio, in termini di numero di imprese, oggi arrivate a 344 mila quelle agricole e 34 mila quelle dell’industria alimentare, e di occupati, che si attestano a circa 668 mila unità, pari al 10% del totale occupati al Sud. Performance positive hanno riguardato soprattutto alcune filiere come caffè, cioccolato e confetteria (+14%), prodotti da forno (+18%), olio (+21%); in generale, un rinnovamento generazionale e la presenza di imprese più giovani hanno determinato maggiore dinamicità e capacità di rispondere alle esigenze del mercato.
Tra gli elementi più critici del settore meridionale, soprattutto pensando alla necessità di agganciare il treno dell’innovazione, preoccupano i bassi livelli di immobilizzazioni nelle imprese e il fatto che esse prestino poca attenzione a quelle immateriali.
Nicola Calzolaro
direttore
Federalimentare
L’agroalimentare del Sud è ancora molto orientato al mercato italiano e poco alle esportazioni che rappresentano meno del 20% di quelle totali del Paese. Una porzione davvero troppo piccola se si pensa alla potenzialità del nostro sud e all’importanza strategica dell’export per l’Italia. È necessario, dunque, l’impegno di tutti per farlo crescere e questo può avvenire attraverso l’innovazione, ma soprattutto attraverso un potenziamento della rete infrastrutturale senza la quale non si potranno mai sfruttare appieno le grandi possibilità dell’alimentare nel Mezzogiorno.