Per carenza di liquidità, coltivatori e ristoratori possono cadere nella rete della criminalità .
“La criminalità estende il proprio business dalla droga all’agroalimentare dove il volume d’affari complessivo annuale delle agromafie vale 24,5 miliardi di euro”. Lo afferma Coldiretti sulla base delle analisi dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agroalimentare in riferimento ad una recente operazione anti camorra a Napoli nel corso della quale i carabinieri hanno eseguito provvedimenti cautelari, tra l’altro, per reati di associazione di tipo mafioso finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, ma anche estorsioni di esercenti con imposizione della fornitura di generi alimentari.
“Una situazione favorita dal fatto che nella filiera agroalimentare – sottolinea Coldiretti – pesa la crisi di liquidità generata dall’emergenza coronavirus in molte strutture economiche che sono divenute più vulnerabili ai ricatti e all’usura. Crescono gli interessi delle organizzazioni criminali nel settore agroalimentare e in modo specifico nel commercio. In particolare la malavita si appropria di vasti comparti dell’agroalimentare dai campi agli scaffali, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma anche compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti”.
“Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione – continua Coldiretti – le agromafie impongono la vendita di determinati prodotti agli esercizi commerciali e a volte, approfittando della mancanza di liquidità, arrivano a rilevarli direttamente grazie alle disponibilità di capitali ottenuti con il commercio della droga. Un fenomeno che minaccia di aggravarsi per gli effetti della pandemia che potrebbe spingere le imprese a rischio a ricorrere all’usura per trovare i finanziamenti necessari alla sopravvivenza”.
«Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto – afferma il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini – confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione con la riforma dei reati in materia agroalimentare».