L’Ombra di Galileo spiega l’aspetto scientifico della tecnica innovativa di tutela dell’ambiente
Il progetto di divulgazione scientifica “L’Ombra di Galileo”, finanziato dall’Università degli Studi di Padova attraverso il bando “Iniziative culturali e tempo libero proposte dagli studenti” ha proposto un incontro su sostenibilità agroalimentare e sostenibilità ambientale con Andrea Squartini, professore di Microbiologia ambientale presso il Dipartimento di Agronomia, animali, alimenti, risorse naturali e ambiente DAFNAE (Università di Padova), e Adjunct Professor (Soil Microbiology) presso la University of Georgia (Usa).
Oggi l’agricoltura è un esercizio di equilibrio tra sostenibilità alimentare e sostenibilità ambientale, e questa sfida somiglia a un paradosso zen; il ‘koan’ sta nel fatto che dobbiamo nutrire sempre più persone, ma allo stesso tempo evitando di emettere sempre più CO2 bruciando combustibili non rinnovabili nei motori delle nostre trattrici e di sprecare sempre più fertilizzanti per incrementare la crescita delle colture, sapendo già che più della metà di quel fertilizzante andrà solo ad inquinare le falde delle nostre acque causando pericolosa eutrofizzazione o, ancor peggio, si trasformerà in altri gas serra come il protossido di azoto che ‘riscalda’ il clima 298 volte più della CO2 stessa.
Nell’agricoltura del futuro la risposta sono le piante. Il grande esempio che la natura ci sta suggerendo sta nell’equilibrio ecologico che hanno le praterie naturali, che dimostrano un’alta produttività senza bisogno di lavorazioni, di fertilizzazione, di diserbo, né di lotta con agrofitofarmaci.
L’agricoltura del futuro sta nelle cover crops, ovvero nelle colture di copertura, miscugli di specie non aggressive verso la nostra cash crop e che possiamo seminare insieme ad essa, che manterranno quel campo in uno stato di autosostenibilità dove i nostri interventi e i nostri costi diventano minimali.
Un sistema che, al pari delle foreste, al netto tra respirazione e fotosintesi, accumula carbonio anziché emetterne, e che anziché immagazzinarlo nel legno lo deposita nel suolo, rendendolo al contempo quel terreno sempre più fertile.