Dall’estero piovono disdette ed assurde richieste come quella di un certificazione ‘virus free’ .
Più di una azienda su due tre quelle che esportano nel mondo l’agroalimentare italiano (esattamente il 53%) ha ricevuto disdette negli ordini dall’estero a causa del Coronavirus. È quanto si apprende da un’indagine Coldiretti/Ixè che spiega come i prodotti agroalimentari italiani siano rifiutati oltreconfine per il timore che siano infettati dal Coronavirus.
Coldiretti ha reso pubblico questo dato nell’ambito della sua proposta di un Piano per salvare export alimentare che, lo scorso anno, è arrivato a toccare i 44,6 miliardi di euro e che rappresenta un elemento di traino per l’intero Made in Italy.
Coldiretti ha avuto un incontro con il Ministero degli esteri, alla Farnesina, sulla predisposizione di una campagna di comunicazione strategica a sostegno del settore agroalimentare. Una misura questa che dovrebbe essere inserita all’interno del Piano Straordinario 2020 per la Promozione del Made in Italy.
«La campagna è necessaria per combattere la disinformazione, gli attacchi strumentali e la concorrenza sleale – spiega Coldiretti – Alcuni Paesi hanno richiesto addirittura insensate certificazioni sanitarie ‘virus free’ su merci alimentari provenienti dalla Lombardia e dal Veneto. Ci sono state anche assurde disdette per vino e cibi provenienti da tutta la Penisola a causa di una diffidenza, spesso alimentata ad arte, con fake news».
Proprio a fronte di questa situazione, il Ministero degli esteri ha istituito una casella di posta elettronica (coronavirus.merci@esteri.it) per raccogliere segnalazioni di restrizioni e discriminazioni verso i prodotti italiani e di difficoltà riscontrate nelle esportazioni.
Quasi i due terzi (63%) delle esportazioni agroalimentari italiane interessano i Paesi dell’Unione Europea ed il principale partner è la Germania, dove l’export cresceva del +2,9%, prima dell’epidemia raggiungendo i 7,2 miliardi. Mentre le vendite sono praticamente stagnanti in Gran Bretagna con la Brexit, erano in aumento del +11% negli Stati Uniti, a quota 4,7 miliardi di export, nonostante gli effetti negativi dei dazi.