Dati 2021 superiori al 2019: e l’Italia nel mondo fa meglio dei concorrenti francesi e tedeschi .
«Il 2021 sarà ricordato come un anno straordinario per l’export agroalimentare italiano». Lo ha detto Denis Pantini, responsabile agroalimentare di Nomisma, intervenendo al sesto “Forum Agrifood Monitor” realizzato, in versione digitale, da Nomisma in collaborazione con la bolognese Crif, società di servizi di outsourcing, processing e rating per le imprese.
I numeri sono espliciti mostrando una crescita che ha coinvolto tutti i prodotti e che sono migliori delle performance di tutti i competitor del Made in Italy. I dati del 2021, infatti, vedono un aumento in valore pari al +15% rispetto al 2019, ben superiore quindi a quello di Francia e Germania, ferme rispettivamente al +8% e +5%.
Analizzando i più importanti mercati di sbocco per il Made in Italy, mercati tradizionali e solidi come gli Stati Uniti e il Canada hanno segnato aumenti in valore del +20% rispetto alla situazione pre pandemica, mentre in Germania il nostro export è cresciuto del +15%. Variazioni molto positive in Corea del Sud con il +60% e in Cina al +46%. E l’immenso mercato cinese offre ancora enormi possibilità di espansione per i pregiati prodotti italiani.
«La pandemia ha accelerato alcuni processi già in corso da diversi anni – ha ricordato Niccolò Zuffetti, marketing manager di Cribis, società che offre servizi per la gestione e recupero crediti di aziende in tutto il mondo – il vero tema è investire sulla preparazione e sugli strumenti, perché improvvisare in questo ambito può essere molto rischioso».
Ma l’inizio del 2022 è legato alle preoccupazioni denunciate dall’agroalimentare per il rincaro dei costi energetici e delle materie prime: «Solo il conto dell’energia per le imprese è stimato in 37 miliardi di euro nel 2022 – specifica il presidente nazionale di Cia – agricoltori, Dino Scanavino – È chiaro quindi che gli oltre 5,5 miliardi annunciati dal Governo per gli interventi per aziende e famiglie non sono sufficienti ad arginare la crisi. Per questo servirebbe un patto di sistema contro le speculazioni – ha detto ancora Scanavino – che potrebbe partire proprio dall’alleanza tra gli anelli ai due estremi della filiera, ovvero produttori agricoli e i consumatori».