Una delle regioni europee con la più alta percentuale di morti premature legate all’inquinamento
La riduzione e la gestione dell’inquinamento atmosferico legato al settore agricolo è essenziale per la tutela della salute della popolazione nella pianura Padana. I risultati, frutto della ricerca finanziata dalla Fondazione Cariplo, sono stati presentati a Milano nel corso del Convegno “Agricoltura e qualità dell’aria – dai dati alle decisioni” organizzato presso la Cariplo Factory da Centro Euro?Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), Legambiente e Università Bocconi con la media partnership di Scienza in Rete.
L’Italia è il secondo Paese dell’Unione Europea per numero di morti premature dovute all’inquinamento atmosferico, con la più alta concentrazione nella ricca e popolosa pianura Padana, caratterizzata da un’importante attività agro-zootecnica e da condizioni geomorfologiche sfavorevoli alla dispersione di inquinanti.
Il progetto INHALE (Impact on humaN Health of Agriculture and Livestock Emissions), coordinato da Università Bocconi e realizzato in partnership con il Centro Euro?Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) e Legambiente Lombardia, ha studiato in quali termini le emissioni derivanti dall’agricoltura concorrano ad elevate concentrazioni di particolato e, di conseguenza, possano determinare un connesso aumento di rischio sanitario per la popolazione in Lombardia.
«Ci siamo focalizzati sui dati di ARPA Lombardia – ha spiegato Lara Aleluia Reis, scientist presso l’istituto di ricerca RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment (EIEE) del CMCC e coordinatrice del progetto INHALE – ed in particolare sulle concentrazioni di PM10 secondario (nitrati e solfati di ammonio), ammoniaca, ossidi di azoto, PM2.5 e PM10 totali. Attraverso metodi di machine learning, abbiamo scoperto che durante il lockdown del 2020, nonostante lo stop di molte attività economiche e del traffico, le concentrazioni di aerosol secondari inorganici non sono diminuite quanto ci si sarebbe potuti aspettare, perché non sono diminuite le emissioni del settore agricolo. Abbiamo inoltre stimato l’impatto di un singolo capo di bestiame sulla qualità dell’aria, rilevando che un aumento di un punto percentuale di bovini determina un aumento dell’1,8% nelle concentrazioni di ammoniaca e dello 0,8% nelle concentrazioni di PM10, mentre un aumento dello 0,3% di suini si traduce in un aumento medio dello 0,26% nelle concentrazioni di ammoniaca e dello 0,03% nelle concentrazioni di PM10».
21 giugno 2023