Anche l’industria agroalimentare nordestina registra un consuntivo 2012 in calo rispetto all’anno precedente, sebbene meno ampio rispetto ad altri settori. Nei primi mesi del 2013 inoltre le imprese della trasformazione alimentare, soprattutto le piccole, stanno scontando la debolezza della domanda interna e la caduta dei consumi, anche alimentari, da parte delle famiglie.
Nonostante ciò, le aziende che si rivolgono all’estero e quelle che hanno una quota elevata di fatturato realizzato fuori dai confini nazionali ottengono risultati positivi ed evidenziano migliori prospettive rispetto al sistema. Si tratta inoltre di un settore che comunque mostra segnali di evoluzione: cresce ad esempio, tra le grandi, l’occupazione diversamente da quanto avviene in altri ambiti.
È quanto emerge dall’indagine “La congiuntura delle imprese agroindustriali del Nord Est – Consuntivo 2012 e previsioni primo semestre 2013” promossa da FriulAdria e realizzata da Fondazione Nord Est. La rilevazione ha coinvolto un campione di 722 titolari di imprese di tutte le dimensioni, attive nelle regioni del Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino. Le aziende interpellate sono tutte iscritte alle Camere di Commercio. L’indagine telefonica si è svolta in aprile 2013.
Agroalimentare a nordest: preoccupa il calo interno
Le imprese nordestine dell’agroindustria vendono, mediamente, l’88,4% dei propri prodotti in Italia, il 7,7% in Europa e il 3,9% oltre i confini europei. La capacità di esportare aumenta con il crescere delle dimensioni ed è il Veneto a ospitare le imprese maggiormente internazionalizzate. Mentre alcuni settori rimangono prevalentemente rivolti al consumo interno (i prodotti da forno e farinacei rimangono per il 96,1% in Italia, il 94,6% dei prodotti derivanti dalla lavorazione della carne e il 94,3% dei prodotti lattiero caseari), altri, evidenziano una maggiore vocazione all’export (in particolare le bevande con il 13,3% delle vendite oltre i confini europei).
Il calo della domanda interna si riflette sulle previsioni degli imprenditori dell’agroindustriale, le imprese che esportano riportano prospettive migliori, ma in generale le previsioni relative al fatturato per i primi sei mesi del 2013 non appaiono positive. Il 43% delle imprese del comparto agroindustriale non si attende variazioni significative del giro d’affari, il 35,5% del panel prevede una riduzione, mentre solo il 21,5% un aumento (quota che sale al 36,1% per le realtà con oltre 50 addetti). Prendendo in considerazione i differenti settori, le previsioni danno più in difficoltà le imprese che si occupano della lavorazione di carne e della produzione di prodotti da forno e farinacei.
Agroalimentare a nordest: prezzi stabili per la metà delle imprese
Il 2012 si chiude con il segno negativo: le imprese che riportano un calo del fatturato rispetto al 2011 (il 37,8% del campione) sono più numerose in confronto a quelle in crescita (pari al 29,6%). A soffrire maggiormente sono le realtà di dimensioni minori (1-9 addetti) con il 44,1% che ha visto ridursi il fatturato. Il dato migliora però al crescere delle dimensioni: tra le grandi (oltre 40 addetti) il 55% dichiara una variazione positiva del dato.
In riferimento ai settori, l’unico dato positivo riguarda le bevande con il 48,6% degli imprenditori che dichiarano un aumento di fatturato. Le aziende esportatrici registrano mediamente performance migliori, tra quelle che realizzano dal 31 al 50% del proprio fatturato all’estero, il 70,8% ha visto aumentare il volume d’affari (il dato totale è pari a 29,6%). Quasi sette imprese su dieci mantengono gli organici invariati (il 68,4% del panel) e solo il 14,1% assume nuovo personale (dato che sale a 32,8% per le aziende con oltre 50 addetti).
La crescita del costo delle materie prime coinvolge più di otto imprese su dieci (81,7%), ma la capacità di ribaltare tali aumenti sul prezzo dei prodotti finiti appare sostanzialmente in linea con quanto registrato nell’anno precedente. Il 41% delle imprese ha apportato variazioni in aumento dei prezzi dei propri prodotti (soprattutto nel settore delle bevande) e il 53,3% li ha mantenuti stabili.