Se persino lo champagne si è dovuto inchinare ai cambiamenti climatici, spostandosi nel sud dell’Inghilterra, anche per i vini di casa nostra il futuro potrebbe essere fosco. Secondo alcuni esperti gli effetti delle temperature più alte si stanno già vedendo, soprattutto in termini di gradazione finale dei vini, ma a rischio potrebbero essere anche i profumi delle principali etichette, che proprio in questi giorni iniziano la vendemmia. “Il fenomeno è iniziato a metà degli anni ’90 – spiega Roberto Zironi, docente di enologia dell’università di Udine – già oggi vini che prima avevano 11-12 gradi raggiungono tranquillamente i 14-15.
Le temperature più alte agiscono in due modi: si alza il grado zuccherino dell’acino, e quindi cresce il tenore di alcol, e diminuisce l’acidità, il che fa perdere alcuni profumi. Ormai ci sono vitigni che si sono spostati di centinaia di chilometri verso nord”.
Da noi i vini del nord assomigliano sempre di più a quelli del sud: una soluzione la si sta già tentando facendo fuggire ‘in alto’ i vigneti, portandoli a sempre maggiore altitudine Ci sono comunque dei vitigni che resistono meglio di altri: “Si stanno facendo delle prove, e ad esempio il Refosco dal peduncolo rosso ha mostrato una buona resistenza persino in Sicilia – spiega Enrico Peterlunger, esperto di viticoltura dell’ateneo friulano – e anche per i rossi come Merlot e Cabernet non ci dovrebbero essere problemi. Le difficoltà maggiori saranno più per i bianchi aromatici, anche se si stanno studiando alcune tecniche, come la diminuzione dell’ esposizione al sole dei grappoli, che sembrano in grado di mitigare gli effetti e preservare il patrimonio aromatico”. Intanto in questi giorni chi vendemmia si trova alle prese con un caldo ancora estivo: “Questo è il primo degli effetti dei cambiamenti climatici – sottolinea Zironi – una volta la vendemmia finiva con le castagne, adesso si comincia in estate”.